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ALUNAH: Strange Machine

data

04/05/2022
85


Genere: Heavy Psych
Etichetta: Heavy Psych Sounds
Distro:
Anno: 2022

Gli Alunah sono una vecchia conoscenza per gli appassionati delle sonorità heavy-psych, la band infatti gravita in questo universo lisergico da più di una decade e vanta all'attivo una serie di full-length, EP e partecipazioni su numerose compilation. 'Strange Machine' non è solo il sesto album del quartetto inglese, ma rappresenta un concentrato di esperienze personali tradotte in musica e maturate in questi ultimi due faticosi anni di pandemia. L'opener è affidata alla titletrack "Strange Machine", alla quale viene dato l'arduo compito di ingranare la prima marcia e ci riesce egregiamente. Il sound si attesta su un mid-tempo che fa subito presa grazie anche ad un refrain molto melodico dal sapore chiaramente vintage. L'incedere del brano è salmodico, cadenzato, ma di forte impatto, grazie anche alla ottima prova vocale dell'affascinante Siân Greenaway, coadiuvata da una produzione all'altezza delle aspettative. "Over The Hills" non è da meno, pur ripercorrendo gli stilemi del precedente brano, accentua la potenza mesmerizzante e la dimensione mistica e magica che il combo d'Albione riesce a plasmare e che sfocia prepotente nella eterea "Fade Into Fantasy", brano sognante che si colloca come una graffiante e granitica ballad dal sapore fiabesco e medievaleggiante. I nostri ci conducono questa volta in una dimensione onirica dove la fanno da padrone gli arpeggi della chitarra di Matt Noble che accompagnano una voce a tratti flautata ma che non perde il suo mordente nemmeno in questa più rilassata composizione. L'eterogeneità del sound è una evidente caratteristica degli Alunah che tra l'heavy-psych dalle influenze doom, in stile Khemmis, approdano a composizioni fresche e quasi ai limiti dell'alternative rock come in "Psychedelic Expressway", dal riffing vintage che strizza l'occhio alle composizioni rock anni settanta ed al "flower power". Decisamente una bella sorpresa. "The Earth Spins" è forse il brano più intimo e personale dell'intero disco e il ritmo solenne, mistico ed evanescente che vede emergere con maggiore evidenza le influenze più doom, ben veicola tale vortice emotivo sostenuto dalle trame delle ottime armonizzazioni di chitarra di Matt Noble e Shane Wesley (Crowbar), qui in veste di special guest. Seppur verso il termine della corsa la nostra "Macchina" dimostra di aver ancora abbastanza carburante nel suo motore e lo fa con "Teaching Carnal Sins" che si distingue per una prova vocale ancora una volta di grande livello. I refrain melodici, ampi e sabbatici si alternano a strofe energiche, rabbiose, dal cantato urlato che non disdegnano ritmi anche più sincopati che spiazzano piacevolmente l'ascoltatore e tengono alto il livello di attenzione. L'epilogo di questo disco è affidato ai riff dal sapore hard-rockeggiante di "Dead Woman Walking", brano robusto introdotto da un massiccio e dominante giro di basso che lascia spazio ad un drumming sulla strofa semplice, ma d'impatto nello stile AC/DC. A parere di chi scrive il disco non delude e non risente di momenti morti, in nessuna delle nove tracce si storce il naso, sintomo che i nostri sono stati profondamente ispirati nel songwriting, non ricorrendo a nessun "filler", ma trovando una vena compositiva genuina che non potrà che essere apprezzata.

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