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LABYRINTH: LABYRINTH

data

17/08/2003
88


Genere: Speed Power Prog
Etichetta: Century Media / V2 Records
Anno: 2003

Ai miei tempi, quando nacque l'Heavy Metal, l'Italia era derisa e snobbata da tutti perché considerata la patria della canzone napoletana fatta di mezzi tenori e mandolini! Grandi gruppi che avrebbero spaccato le ossa al mondo intero, negli 80s sudarono sangue e sudore e videro la propria carriera terminare miserabilmente dopo anni ed anni di gavetta. Verso la metà degli anni '90, stanco dell'americanismo a tutti i costi (che in quel periodo offriva una scena penosa, in cui il grunge andava a morire e si affacciava paurosamente il vuoto musicale!), il pubblico metal decise di rivolgere meglio lo sguardo alla vecchia Europa e di capire cosa riservassero le scene di paesi, chiamiamoli così, di "serie B". La risposta italiana fu la New Wave of Italian Heavy Metal, con gruppi quali Rhapsody, Domine, Shadows Of Steel, Skylark e tanti, tanti altri. La band che assieme ai Rhapsody costituì la punta di diamante di quel fenomeno, fu quella dei Labyrinth. Allora il cantante della band toscana era tale Joe Terry, meglio conosciuto come Fabio Lione, che ben presto passò alla corte dei Rhapsody, lasciando il posto a Rob Tyrant, che par vivere cantava in una "poco" conosciuta band denominata New Trolls! Il metal italiano, da quel momento in poi, grazie alle band menzionate, cominciava a dettare finalmente legge…l'Italia, per la prima volta nella storia del metal, proponeva una musica che avrebbe influenzato altre band di mezzo mondo. Mi fermo qui con queste note storiche che tutti conoscerete a memoria! Questa introduzione mi serve per annunciare al popolo metal che dopo due album epocali come "No Limits" ed il grande "Return To Heaven Denied", tornano più in forma che mai i grandi Labyrinth! …ed il mondo, ben presto, cadrà nuovamente ai piedi del tricolore e feticisticamente tornerà a leccare il nostro "stivale". Benchè orfani dell'immenso lavoro di chitarra di Olaf Thorsen (uno dei fondatori), i Labyrinth tornano a far gruppo compatto, ritrovando a tempo pieno Mattia Stencioiu (Vision Divine, Mandragora Scream) alla batteria ed il grandioso mago dei tasti d'avorio, Andrea De Paoli (Shadows Of Steel, Vision Divine). Abbandonati i nomi inglesizzati, gli ora 5 Labyrinth, propongono la loro "nuova" musica ancora più travolgente e trascinante. Dopo "Sons Of Thunder", dai più considerato un mezzo passo falso, era difficile tornare sugli alti livelli di "Return To Heaven Denied", ma alla conclusione di 3 duri anni di lavoro e di problemi di formazione (vedi la questione con Olaf Thorsen), il nuovo corso della band, prende il via con questo disco, omonimo, che brilla di qualità eccelsa! L'inizio è dei migliori, con un power speed roccioso in cui spiccano per bellezza le tastiere di Andrea e la superlativa voce di Roberto. A seguire un binomio di fuoco…secondo me, due tra i pezzi migliori dell'intero album: "Livin' In A Maze" e "This World", sono due brani "tirati", melodici ed accattivanti, con ottimi ritornelli, splendide cesellature di chitarra e mostruosi tappeti sonori di tastiera. Ascoltando questo primo scorcio di album, si percepisce, quindi, subito la novità nel suono dei Labyrinth: grinta e potenza sono portate in primo piano, mentre le tastiere disegnano un complesso geroglifico acido e moderno, sfumando in mille sonorità la musica ed arricchendola di effetti complessi ed elaborati…la componente progressiva diventa sempre più importante e presente, donando una nuova luce alle composizioni tutte. L'omonimo album in questione, presenta anche delle canzoni che pur moderne, strizzano l'occhio al tipico metal ottantiano (la sperimentale "Just Soldier (Stay Down)" e la priestiana "Slave To The Night"), alcune che sono dirette discendenti di quelle di "Return To Heaven Denied" (la "sintetica", veloce e piena di tanta classe "Synthetic Paradise" e la più rilassata "Hand In Hand") e le immancabili ballads di classe come "Neverendig Rest" (la stupenda parte pianistica e la voce di Rob che a tratti diventa calda, donano feeling e passionalità, mentre le potenti impennate strappano la pelle di dosso) e "When I Will Fly Far" (struggente ballad, come solo i Labyrinth sanno comporre, carica di pathos e di malinconica rassegnazione). Non mi sento di aggiungere altro…i toscani Labyrinth, dimostrano ancora una volta di essere in grado di sfoggiare eccellente musica, accompagnata da una sublime tecnica. Come più volte detto, emerge nitidamente il grande lavoro sperimentale di Andrea De Paoli alle tastiere, ma anche l'eccellente chitarra di Andrea Cantarelli…il loro lavoro ritmico e solistico è da brividi e non se ne può capire l'intensità, se non ascoltando il disco. Da non dimenticare, poi, la precisione chirurgica dell'asse basso-batteria, che conferisce spessore all'ottima musica di questo "Labyrinth". Amo tanto anche i Vision Divine di Olaf Thorsen, ma devo dire che nella sfida a distanza tra quella band ed i Labyrinth, per ora, stanno trionfando questi ultimi!

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