JAMES CHRISTIAN: Craving
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06/05/2018James Christian dev'essere un uomo con la mente in perenne fermento, su questo ci sono pochi dubbi, dal momento che tra un album e un tour il frontman degli House Of Lords si prende anche il tempo per un nuovo album solista, a cinque anni di distanza dal precedente 'Lay It All On Me'. Come ampiamente prevedibile, Christian consegna agli ascoltatori un album assolutamente piacevole, elegante, scorrevole, e non si avverte minimamente la tentazione di usare il tasto "skip" su nessuna traccia. Il che è già decisamente un punto a suo favore. Pur non discostandosi eccessivamente dalla recente evoluzione degli HOL (molto avversata dai "duri e puri" fan della vecchia guardia), sicuramente i brani, in questa sede, prendono una piega più morbida, intimista, dando grande spazio alle chitarre acustiche e refrain un tantino più accattivanti, fino a cogliere addirittura un'eco di Toto qua e là. Il tutto indirizzato a dare la massima valorizzazione possibile alla classe e al talento di Christian. L'uno - due di apertura, con "Heaven Is A Place In Hell" e "Wild Boys" da indicazioni immediate sul sound dell'album: largo alle tastiere e cori in armonizzazione, nel più caratteristico stile del vocalist del Connecticut. Se fossimo ancora nei benedetti e mai abbastanza rimpianti anni '80, sicuramente da questo album sarebbero usciti almeno due o tre singoli da classifica, come la morbidissima "Love Is The Answer", la title - track "Craving" (vagamente in odore di Goo Goo Dolls, con quella combinazione di arpeggi di chitarra acustica e archi), e "I Won't Cry", dalla base fortemente blues che da risalto enorme al timbro di James, regalando i consueti brividi. Certo, l'estensione non è più quella dei tempi di "Love Don't Lie", su questo non ci piove. Ma il nostro ha sempre avuto un gusto estremo nel comporre linee vocali di altissima qualità, anche senza dover per forza arrampicarsi su acuti spaccabicchieri e questa è una dote che, personalmente, ho sempre apprezzato moltissimo. Altri due brani degni di particolare apprezzamento sono la splendida "Jesus Wept" (che vede il nostro Ale Del Vecchio alle tastiere) e "Sidewinder". Quest'ultima, inizialmente, rischia di passare un po' inosservata, essendo un po' slegata dal contesto dell'intero disco, ma che si apprezza in misura sempre maggiore con gli ascolti successivi. Incisivo il riff, divertente il solo, Tommy Denander (che in questo brano suona praticamente tutto tranne la batteria), ha svolto un lavoro pregevole, come sua consuetudine. Black Wasn't Black è sicuramente il mio brano preferito di questo disco, non a caso alla chitarra troviamo l'immenso Jimi Bell (chitarrista che, a mio avviso, avrebbe meritato una carriera molto più fortunata), in cui riff incisivi e refrain melodici si sposano in quell'incanto magico che si verifica spesso quando i due lavorano insieme. Chiude il lavoro "Amen", molto introspettiva e quasi gospel, anche nel testo, che racconta lo stato d'animo di una persona che finalmente decide di smettere di fare la guerra al mondo intero, accettando di essere resiliente davanti al bene e al male che inevitabilmente si presentano nel corso della vita. Se si è alla ricerca di un disco energico, prorompente, allora no, non è questo il lavoro adatto: 'Craving' non è un carico di dinamite, ma piuttosto un balsamo per le orecchie e il cuore. Un album da ascoltare in tutte quelle situazioni in cui si avverte la necessità di prendersi un'ora di pausa dall'headbanging e lasciarsi avvolgere da atmosfere più rilassanti, e magari fare due chiacchiere con sé stessi, apprezzando, una volta di più, uno dei vocalist più espressivi e di talento che ci siano in giro. E bravo, James!
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