IMMORTAL: BLIZZARD BEASTS
data
22/01/2005Disco da sempre oggetto di polemiche e contestazioni, "Blizzard Beasts" è l'ultimo disco degli Immortal con Demonaz alla chitarra. Il chitarrista dovrà infatti abbandonare la band in seguito a problemi ai tendini del braccio destro che gli impediranno di suonare dal vivo. Ed è proprio in questo disco che si nota il cambiamento a cui andranno incontro agli Immortal negli anni a venire. Se da una parte infatti c'è un ritorno alle origini thrashy, con abbondanti richiami ai Bathory e agli Slayer, dall'altra parte vi è una ricerca di un sound in certo qual senso lontano dal black metal purosangue del passato, e più vicino alle soluzioni moderne di certo thrash/death anni '90. L'innovazione non è certo completa, infatti in "Blizzard Beasts" coesistono entrambe le anime della band, e a fianco di riff laceranti e zanzarosi troviamo ritmiche di chitarra compresse e macinanti. Un'altra grande novità è il drumming di questo disco, affidato per la prima volta al dotatissimo Horgh: sono quasi completamente spariti i blastbeat assassini e le sfuriate di pura violenza, che hanno ceduto il posto a una batteria precisa, impeccabile, e in generale molto più lenta e tipicamente death metal, giocata su monolitici tempi in battere e doppiacassa a manetta. Si nota, in generale, una maggiore attenzione alla "forma canzone". Per quanto la brevità del disco (neanche mezz'ora!) potrebbe far scattare paragoni con i due precedenti capolavori, abbiamo qui canzoni dalla struttura sempre molto semplice, ma compiute in sé, meno organicate nel concept del lavoro. Tra i brani spicca senza dubbio la micidiale opener "Blizzard Beasts" uno degli episodi più violenti mai scritti dalla band, dal taglio estremamente moderno fatto di stop and go e di riff compressi alternati a partiture più classicamente black metal, così come la conclusiva "Frostdemonstorm" che lascia presagire l'epic/thrash a cui si dedicheranno i demon brothers nei successivi lavori. Il problema del disco è però il suo essere afflitto da composizioni in linea di massima mediocri, che non trovano il riparo della coesione in un disco che risulta anche lievemente stanco a tratti, e rimangono semplicemente episodi dimenticabili e assolutamente innocui. A tirare su le sorti del disco ci pensa però un brano in particolare, uno dei migliori mai scritti dagli Immortal, che è insieme alle canzoni sopracitate l'unico in grado di farci realmente balzare sulla sedia: stiamo parlando di "Mountains of Might", un imprescindibile classico della band, la canzone che unisce alla perfezione passato e futuro. Un viaggio tra le montagne dell'anima, introspettivo e panoramico, con i riff di Demonaz più belli e glaciali che mai, intervellati da parecchi momenti d'atmosfera e parti più aggressive, riff che si sovrappongono e si alternano come grandi catene montuose. E' l'ultima testimonianza di uno dei più grandi chitarristi black metal di sempre, l'uomo le cui mani suonavano con la stessa ferocia del vento di morte che gli Immortal cantavano, ed è anche simbolica la sua dipartita dopo questo controverso disco, che pur sembrando un miscuglio lievemente mal riuscito, è anche l'ultimo in cui gli Immortal si cimenteranno col puro e incontaminato black metal. La dipartita di Demonaz è senz'alcun dubbio la fine di un'era, ma fortunatamente Abbath e Horgh riusciranno ad aprirne un'altra.
Commenti