HANK VON HELL: Dead
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26/06/2020Chi, amando un certo tipo di sonorità, non ha adorato Hank e il death punk dei seminali Turbonegro, nella loro folle corsa al devasto e all'autodistruzione? Il cantante pazzoide, infatti, personaggio colmo di sfrontatezza e portatore "sano" di chili di attitudine, era lanciato in volo verso un trionfo sfortunatamente arenatosi nel 1998 (ormai una vita fa) da un fatale abuso di sostanze stupefacenti, con conseguente ricovero psichiatrico. Da lì la ripresa, la rinascita coi Turbonegro, il secondo abbandono e l'approdo alla carriera solista con il buon "Egomania". Proseguendo nel solco di quel disco, con un rock tamarro, sguaiato ed istrionico, il norvegese si spinge verso una direzione ancora più mainstream, pop e catchy, garantita soprattutto dai persistenti refrain (alcuni straordinariamente riusciti, altri meno) sempre tentativamente "acchiapponi" ed accattivanti. Come resistere, infatti, al primo singolo "Disco", alla viziosa "Blackened Eyes", all'esaltante hit "Forever Animal" o alle dinamiche "Am I Wrong" e "13 In 1"? Impossibile. E anche le altre canzoni, seppur non altrettanto vincenti, sono comunque godibili e riuscite. L'ottima produzione, a cura di Tom Dalgety (già al lavoro con Ghost, Rammstein e Killing Joke, tra gli altri) e le varie collaborazioni (Cone McCaslin e Dave Baksh dei Sum 41, Guernica Mancini dei Thundermother e l’attore Mayans MC Frankie Loyal come narratore) arricchiscono un disco che si rivela riuscito, divertente e convincente, sebbene molto lontano dall'imprescindibilità. Se amate l'eccentrico Hank, fatelo vostro.
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