DAMNED NATION: SIGN OF MADNESS
data
16/01/2005Storia travagliata nonchè strana quella dei Damned Nation, combo svedese attivo da oltre dieci anni che ha prodotto solo quattro dischi in un lasso di tempo così relativamente lungo. Questo a causa di continui cambi di line-up che hanno
minato la stabilità fin dal principio nonostante l'ottimo successo di pubblico soprattutto in Giappone), e di critica.
Fautori di un metal melodico a tratti progressive, e che supera spesso e volentieri il confine che lo separa dalle sonorità AOR-pomp(proposta abbastanza personale), i nostri ci riprovano dopo quattro anni dall'ultima release, "Grand Design", e con un singer "importante" in ambito melodic rock, ovvero, Matt Alfonzetti. Il risultato è "Sign Of Madness", disco dal tiro decisamente e volutamente moderno che taglia netto col passato e strizza l'occhio(involontariamente, vista la quasi contemporaneità dell'uscita dei due CD) al nuovo sound degli Europe, ma molto più ostico, pesante e dissonante di quello dei più famosi e talentuosi connazionali. Concetto sonoro che alla base ha una scelta coraggiosa, ma una scelta che non ripaga del tutto l'azzardo. Anzi, a dire il vero, sono molti i punti contro: i brani sono troppo anonimi per funzionare, il riffing è statico e monolitico alla spasimo, cosi come la sezione ritmica, seduta su sè stessa, e senza mai una apertura melodica degna di nota che riesca a far prendere il volo alle canzoni. Neanche Alfonzetti, purtroppo, riesce a sollevare le sorti del disco, timbrica troppo fuori posto e poca aggressiva all'occasione. Singer per altri generi, tanto per intederci. Poi, fattore non meno importante, per un progetto sonoro del genere manca la classe necessaria per creare arrangiamenti all'altezza che non siano i propri, i soliti, su cui s'è costruita la trascorsa "fortuna". Il resto quadra, produzione eccelsa, confezione professionale, ma manca la sostanza.
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