CANAAN: Of Prisoners, Wandering Souls & Cruel Fears
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17/06/2012Si entra piano, con rispetto e con un certo timore nell'atmosfera delle note soffuse e metalliche dei Canaan, mentre una calda voce femminile ed una gutturale maschile cantano quasi a rimando l'una con l'altra in un alternarsi di contrapposizioni canore ed amalgama di affinità. L'atmosfera poi si dilata aprendosi sulle più desolate periferie metropolitane, asfittiche e isolate, tra ampi spazi e capannoni su cui sembrano arrivare da lontano residui di suoni delle sirene della polizia, o i rumori della metropolitana, o di un treno in lontananza. Da qualche finestra di un palazzone anonimo, decadente, una donna piange pensando ad un amore sparito nel vuoto, da un giorno all'altro, senza un perchè, rimpiazzata con la prima squallida capitata sotto mano. Lo squallore, qualunque esso sia, è spesso oggetto di attrazione, anzi oggi è la norma, dilaniante quando l'attrazione per esso si nasconde dietro la maschera del valore aggiunto, dietro la ricerca della bellezza. La musica dei Canaan porta l'anima al di là della norma. Sul marciapiede due adolescenti si guardano in cagnesco ognuno pensando che l'altro voglia fotterlo o derubarlo. Un ubriaco lurido e stracciato guarda in lontananza con lo sguardo perso a chissà quale età felice. Le note intime di solitidine e incomprensione si snodano sullo stesso sodalizio, la pasta sonora procede calma e la lentezza ci ammanta pian piano di visioni. In "Prisoners" qualcuno corre su un manto di erba, non sa dove andare, oppure semplicemente scappa e poi prostrato cede. O si chiede semplicemente perchè tutto questo, a chi giova? Pensa ad una casa lontana, vede oltre il muro, ma la realtà che ha davanti lo attanaglia. Durante il buio della notte ci si prepara all'attacco, ma è una risposta isolata, una goccia, un tintinnio, è un sussurro personale da non condividere con nessuno.
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