CALIBAN: Gravity
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13/04/2016Avevamo un po' perso di vista i tedeschi Caliban, vittime (giusto o sbagliato che sia) di una popolarità esagerata all'epoca del boom del metalcore, e di conseguenza caduti parzialmente nel dimenticatoio dopo che la stessa bolla è esplosa. Purtroppo la band non ha saputo cavalcare al 100% l'onda, a differenza di tante altre band (anche meno meritevoli, va detto) che sono riuscite a rimanere sempre molto visibili. Tra un passaggio di label e l'altro e una serie di dischi poco riusciti (a mio avviso l'ultimo valido è 'Say Hello To Tragedy' dell'ormai lontano 2009), Andy e compagnia sono diventati uno di quei gruppi che seguono in pochi fedeli, e che i più hanno abbastanza dimenticato. Devo dire che l'ultima volta che li vidi dal vivo un paio di anni fa, di supporto all'insufficiente 'Ghost Empire', rimasi estremamente deluso. Mi sono dunque approcciato a 'Gravity' con timore, ma fortunatamente sono stato smentito almeno in parte. La tela sonora è quella che conosciamo, un metalcore robusto, roccioso, aiutato da dei ritornelli estremamente ariosi e memorizzabili. Purtroppo i Caliban, difetto che ormai si trascinano da tempo, ricorrono sempre meno ai riff di stampo swedish che farebbero la differenza: non essendo però gli Heaven Shall Burn, il risultato è poco riuscito. A salvare il tutto ci pensano come detto prima i ritornelli, che in brani come "Left For Dead" o "Crystal Skies" danno il meglio. 'Gravity' è dunque un buon prodotto, che risolleva le quotazioni dei Caliban riportandoli a livelli che ormai da loro non ci si aspettava. Dubito che ritorneranno "in cima" come dieci anni fa, ma per ora fanno contenti un po' tutti, e va bene così.
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