ANCIENT RITES: DIM CARCOSA
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14/03/2004Soffuso, melodico e suadente il pianoforte annuncia il Ritorno dell'orgoglio delle Fiandre, gli Ancient Rites, consacratisi tre anni prima col grandioso "Fatherland" e pronti a stupire nuovamente i fan con questo incredibile "Dim Carcosa", finora il lavoro più maturo e completo prodotto dai nostri, ormai lontanissimi dal black/thrash degli esordi, e proiettati in una personalissima dimensione dove furia black metal, riff thrash, melodie folk e cavalcate epiche coesistono e concorrono alla creazione di uno dei sound più personali degli ultimi anni. La formazione belga guidata dal carismatico Gunther Theys stavolta fa le cose in grande: la musica dei Rites progredisce ulteriormente, creando canzoni sempre più complesse e strutturate, dove i richiami folk sono numerosi, pur non rubando spazio alle magnifiche ritmiche di chitarra che comunque rimangono l'ossatura della musica dei nostri (lasciando anche trasparire un vero e proprio lavoro d'equipe in cui tutti gli elementi sono perfettamente equilibrati). Lodevole anche l'uso di temi e leitmotiv che ripercorrono le varie canzoni, liricamente slegate da un qualsivoglia concept ma musicalmente intrecciate da melodie che si rincorrono e ripetono di volta in volta nel corso del disco (peraltro praticamente tutti i temi in questione sono annunciati nell'opener sinfonica "The Return"). Gunther si conferma una delle più belle voci in ambito estremo di questo nuovo millennio, uno dei pochi in grado di seguire linee melodiche anche nello screaming, e capace di sorprendere con delle clean vocals da urlo, molto più frequenti che in "Fatherland". Notevoli i momenti sinfonici, in cui le tastiere del nuovo arrivato Domingo Smets sorprendono e coinvolgono con naturalezza e savoir faire invidiabili. Bello, ma vanificato da una produzione veramente troppo asettica e innaturale (l'unico aspetto di "Dim Carcosa" a non convincere), l'uso delle ritmiche, in cui i blastbeat tengono il giusto tappeto estremo a un guitarwork spesso melodico, per poi passare a up tempo di scuola molto classica, senza mai allentare la tensione. Menzione speciale meritano i testi di Gunther, veramente magnifici e colti (arricchiti da lunghe ed esplicative liner notes), eppure sentiti e coinvolgenti. Alla commovente celebrazione della storia e della tradizione Europea si affiancano numerose altre tematiche: due epopee medievali delle Fiandre ("North Sea" e "On Golden Fields"), una rievocazione di Orlando e dei Paladini Franchi e delle loro battaglie contro i Mori ("And The Horns Called For War"), un nuovo attacco ai monoteismi, sorprendentemente raffinato e sarcastico ("Gotterdammerung"), una rivisitazione in ottica pagana dell'assalto vichingo di Lindisfarne... insomma, chi più ne ha più ne metta. Tematiche talmente ponderose non potevano che essere rese da canzoni elaborate, raffinate, e da un feeling ancora più epico e leggendario che in passato: "Victory Or Valhalla", uno dei brani più melodici e diretti del lavoro, è praticamente epic/power cantato in screaming, travolgente e anthemica, mentre la meravigliosa "North Sea" riprende molti elementi cari al viking metal, con riff memori della lezione dei Satyricon di "Shadowthrone" e che riprendono le melodie folk che arricchiscono questo gioiellino. "Ode To Ancient Europa" è il degno seguito del cavallo di battaglia "Mother Europe", carica di riff aggressivi e di ritmiche belligeranti, mentre la conclusiva "Dim Carcosa" si candida come uno dei brani più evocativi scritti dagli Ancient Rites: arpeggi minimali, tastiere evocative, e le declamazioni sussurrate da un Gunther in stato di grazia celebrano la gloria della mistica Città Perduta, concludendo un lavoro che lascia intatto il piacere di perdersi tra le pagine del Mito e della Storia, pur rimanendo freddamente ancorato a un heavy metal roccioso, estremo e aggressivo.
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