AGATHODAIMON: SERPENT'S EMBRACE
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23/07/2003La fiera delle banalità. Tali ho sempre considerato i tedeschi Agathodaimon, che fin dal primo album si sono accasati presso Nuclear Blast; vedere, nel 1998, una band di pessimo black melodico venire messa sotto contratto dall'etichetta più potente del metal, faceva una certa impressione. Dopo altri due dischi la cosa cominciava a diventare davvero irritante, ed è qui che si inserisce il nuovo "Serpent's Embrace" (nonostante la cover spudoratamente ispirata a H.R. Giger, probabilmente un qualcosa di originale al 100% questi ragazzi non riescono a farlo, che ci volete fare); il registro musicale dei cinque teutonici è, finalmente, cambiato. Scordatevi i cloni dei Dimmu Borgir, ci troviamo ora davanti ad una buona band di heavy metal fortemente influenzato dal gothic, dall'elettronica, dal black, dal death melodico, e persino dal nu-metal (in barba ai puritani del finto estremo, tiè!). L'apertura di "Cellos For The Insatiable" è spiazzante, e fa dimenticare in un lampo quello che erano gli Agathodaimon; una costruzione ritmica non distante da Rammstein e Static-X, unita a uno screaming di buona fattura, contribuiscono a dare un'idea di quello che sarà l'andamento dell'album, sempre e comunque in bilico tra elettronica, gothic e metal tradizionale (per dire, i blast-beat si contano sulle dita di mezza mano), come nella bella title-track nella quale spicca la bella voce pulita di Sathonys; ancora più spiazzante è "Solitude", ballad pianistica nella quale dietro il microfono si cimenta Ophelia, per un brano che a me ha ricordato tantissimo gli Evanescence. Anche la seconda metà del disco fa la sua figura, sempre a cavallo di brani abbastanza ispirati anche se mai eccelsi; è proprio questo a mio avviso il grosso difetto di "Serpent's Embrace", sembra quasi che la band debba 'abituarsi' al suo cambiamento, alla sua metamorfosi, e che non sia quindi ancora in grado di padroneggiare con naturalezza le sonorità che è riuscita a plasmare con questo nuovo lavoro. Ma già staccarsi dal piattissimo black metal degli esordi, trascinato stancamente per ben tre album, è un buon traguardo, quindi mi sento di promuovere (finalmente!) gli Agathodaimon, sperando che non si perdano per strada e sappiano continuare su questo sentiero musicale.
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