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VADE ARATRO

Torniamo alle origini. Mi sono scocciato di far credere che tutti i recensori siano dei grassoni col cervello da adolescente intrappolato nel corpo di un trentenne, che aspettano l'arrivo di qualche mp3 per sentenziare la loro approvazione spocchiosa dietro allo schermo di un pc, e protetti dai calli della scrittura perché tanto basta sbattere i polpastrelli sulla tastiera. Torniamo alle origini, quando la noia non era un sentimento conosciuto, o almeno così diffuso. Torniamo a quando si premiava l'originalità e non si aveva paura di un prodotto che uscisse fuori dagli schemi. A proposito di calli, a proposito di musica che probabilmente non vedrete in copertina su Metal Hammer UK o Terrorizer perché non ci sono né tette da mostrare, né slinguazzate da fare a qualche grossa casa discografica, qualche tempo fa ho scoperto che i Vade Aratro erano tornati in pista dopo otto anni. Un'infinità, eppure la forza delle loro idee e della loro musica ha fatto sì che un ragazzo che nel 2010, imbattutosi in una recensione su Metal Maniac, fosse subito rapito dalla proposta dell'heavy metal agreste e ordinasse da Marcello Magoni, mente del progetto, l'allora debutto 'Storie Messorie'. All'epoca ordinai anche la maglietta, e oggi ne ho comprata un'altra, esattamente uguale, che prenderà il posto della ormai consumata antenata. Non avrei mai pensato di essere tanto legato a un bene materiale come una t-shirt, che addosso sentivo (e sentirò) come una bandiera. Il simbolo, il simbolo va oltre l'oggetto. Ovviamente queste parole di patetica (non in senso negativo, ma se vi ho annoiato datele il senso che volete, pace e bene) introduzione vogliono preparare il terreno (in senso letterale, ehehe) a 'Il Vomere Di Bronzo' (Andromeda Relix, Night Voices Records) e alle parole di Marcello, che ringraziamo anticipatamente per la sua sottoposizione a questa sorta di terzo grado a cui lo avrei comunque sottoposto in una corrispondenza privata virtuale. Almeno si fa del sano intrattenimento metallico...

Ecco, primo problema. Leggendo quanto si dice di voi in rete e nelle varie recensioni cartacee escono fuori delle comparazioni che sinceramente non mi hanno fatto storcere il naso, di più, si è fatto un giro attorno alla testa ed  tornato al suo posto. Coroner? Mekong Delta? Techno thrash? Marcello, ma i Vade Aratro non suonavano "heavy metal agreste"? Questo in primis. E in secondo luogo, ascoltandovi non credo che la tecnica o comunque suonare thrash metal sia il vostro fine. Ciao Francesco! Che dire... nessuno è più in imbarazzo di noi tre nell'essere indicati come esecutori di un "thrash tecnicissimo". Credo la componente "thrash" della definizione sia dovuta più alla ferocia dell'impatto che a una manciata di riff riconducibili a quel genere, mentre il "tecnicissimo" potrebbe trovare giustificazione nelle strutture fortemente asimmetriche dei pezzi, non certo per virtuosismi di cui non saremmo neppure capaci. O forse  perché leggono che sul disco ha suonato Bruno Rubino dei Fiaba, che in effetti è un musicista impressionante. Sul secondo luogo hai perfettamente ragione.

Di metal avete la corazza, poi sotto sotto siete vicini al cantautorato, al folk (e distinguiamolo dal becero folk metal di certi tarantelllari) inteso più come spirito che come genere musicale. Vocalmente -sparo la cazzata che mi tengo dentro da quando mi mandasti 'Storie Messorie'- hai dei toni che ti fanno sembrare un Manuel Agnelli incazzato all'ennesima potenza. Altri che mi sono venuti in mente sono Branduardi e De André. Altro? Ho fatto la fine di quelli che vi etichettano come techno thrash? Intanto mi rallegro con te per il fatto che tu sia dotato di orecchie (e testa, per tenerle separate). La tua descrizione del nostro suono mi ha ricordato una definizione che amavo utilizzare per descrivere i Fiaba: <<utilizzano i mattoni dell'Heavy Metal per costruire un'architettura "altra">> Vocalmente... Beh, ti dico subito che la gag di Manuel Agnelli farà impazzire mia moglie! Poi fai bene a pescare nel cantautorato italiano, perché in effetti è con la musica italiana che ci confrontiamo. Solo che il Metal nella musica italiana ha sempre avuto, anche per colpa delle proposte (di solito il Metal in italiano fa accapponare la minchia), uno spazio molto marginale. Cantautori italiani che mi hanno colpito fin da bambino sono il Bennato delle origini, con la sua furia anarchica innervata di amore per la melodia e Ivan Graziani, capace di rendere interessante qualsiasi storia e di musicarla in un allestimento rock che in Italia non ha nessun paragone (ascoltate il live 'Parla tu'). Di DeAndré suonavamo "Volta la carta", tanti anni fa.

Quello che disorienta è che voi - rispetto al classico gruppo di oggi - siete brutti, sporchi, con le mani inzacccherate nel fango, con resti di foglie nei capelli. Ascoltare un vostro brano richiede un impegno che è l'equivalente in musica a spingere un aratro. Oggi si suonano dischi laccatissimi, con qualche singolone ruffiano e poi solo banalità, e la cosa grave è che neanche il metal estremo ne è immune. Siete consapevoli di essere fuori da questo 2016, con testi da capire, con storie da raccontare che non parlano la lingua di quest'epoca? Siamo consapevoli di richiedere all'ascoltatore un tempo e un impegno che oggi sono difficili da dedicare alla fruizione della musica. Parliamo di argomenti di nicchia con una lingua di nicchia, suonando un genere di nicchia all'interno di una musica di nicchia. Essere fan dei Vade Aratro è qualcosa di molto elitario... Minchiate a parte, noi non abbiamo uno studio di marketing o un ufficio stampa alle spalle, facciamo le cose solo perché ne sentiamo fortemente l'urgenza. Scriviamo canzoni solo se ne sentiamo fortemente la necessità, se abbiamo qualche cosa di nuovo da dire e raccontare, anche per una questione prettamente ecologica, di inquinamento musicale da sovrapproduzione di ciarpame. Registrerei queste canzoni anche solo per me, in casa, giusto con i mezzi necessari ad ottenere un suono vero, genuino, verosimile, dalla trama sufficientemente larga per far passare il sugo.

A proposito di lingua. A differenza di altri gruppi di buona volontà, ma dal vocabolario abbastanza limitato, sembrate fatti apposta per cantare in italiano. In alcune linee metriche ci sono accenni a quanto fatto dagli storici gruppi prog nostrani negli anni Settanta o è solo una mia impressione? La lingua italiana è strepitosa, per raccontare storie! Mettiamo molta cura nella costruzione dei testi, che spesso precedono la musica o nascono esattamente insieme ad essa, dettandone il ritmo. Forse è un limite personale, ma trovo un errore inaccettabile accentare musicalmente in modo tronco parole sdrucciole o viceversa. Se è vero che la canzone, il ballo, la festa (e quindi anche il rito) nascono dalla necessità di manifestare la gioia davanti alle cose belle, così anche la parola cantata deve avere quell'urgenza e quella naturalezza. Prova a ripetere una frase qualsiasi: vedrai che ha un ritmo tutto suo. Da lì alla melodia il passo è breve. I vecchi gruppi prog italiani li ho sempre ascoltati con piacere, fu un periodo entusiasmante. Sono un po' scettico nei confronti della riesumazione di quel suono da parte di gruppi "regressive" dei giorni nostri.

Rimaniamo sui testi. Solo leggendoli o ascoltandovi bene si capisce che non avete nulla a che fare né con i gruppi "birra, mandolino e tarantella" né con altri pseudo-ambientalisti, impegnati con slogan altrettanto ridicoli. Insomma, se mai qualcuno vi chiamasse a suonare alla sagra della porchetta per farsi due risate rimarrebbe sconvolto da un brano come "Maiale". Ce ne puoi parlare? Vi capita di essere scambiati per i gruppi di cui parlavo prima? "Ah, metal agreste, come gli Iron Mais?" "Oh, ma quindi roba tipo i Folkstone?"... Frasi di questo tipo ne abbiamo sentite diverse, è vero. Ovviamente ci sentiamo molto distanti da entrambe le dimensioni appena citate. Credo si stia vivendo un'epoca di grande disimpegno. Un giovane Guccini messo in radio oggi, con la sua chitarrina e le sue otto strofe a brano non troverebbe il tempo, lo spazio e l'attenzione necessari per assimilarne il messaggio. Se da un lato posso riconoscere ai rapper il merito di aver riportato in primo piano il testo, anche nella sua prolissità, dall'altro non posso che constatarne la miseria dei contenuti, spesso della forma e quasi sempre della musica. Comunque, per tornare alla tua domanda, in tanti ci scambiano per un gruppo demenziale mentre non vedono demenzialità nei gruppi a cui alludevi. Questa cosa mi stupisce ogni volta.

Non voglio che diventi un'intervista-esegesi. Ho bisogno però che mi spieghi quello che ho appena ribattezzato "Il trittico della terza età": "Mani di vecchi", "Caramelle", "A brusa la vécia". Che potrebbe diventare un poker se includiamo "Invecchio" dal disco precedente. Un po' tutte le vostre canzoni sono imbevute di nostalgia e tristezza. Come mai? Come ha brillantemente intuito Porz, il tema conduttore dell'album (del gruppo?) è il Tempo che passa. La manifestazione più diretta di questo fenomeno la subiamo sul nostro corpo che, per i più fortunati, invecchia. L'unidirezionalità inesorabile del tempo non è certo un tema nuovo, ma ognuno lo vive a modo suo. Per me è il ricordo idealizzato di una mitica infanzia campestre, la curiosità nei confronti degli stratagemmi utilizzati dai nostri predecessori per lasciare un segno nel tempo, per cercare di capirlo, organizzarlo e domarlo, la consapevolezza della finitezza e la paura della fine.

Prima dei Vade Aratro, avevo letto e mi avevano colpito due autori, Thomas Tryon e Giambattista Basile, che in modo assolutamente divergente, hanno raccontato qualcosa di magico e morboso relativo al mondo arcaico dei campi. Quali scrittori raccontano "storie messorie"? "Lo cunto..." di Basile è un classico, forse un po' della sua magia è arrivata anche nelle mie campagne, mentre Tryon non lo conoscevo (ma ho fatto i compiti su Google...). Io leggo poca narrativa e molti saggi, quindi potrei citarti per lo più autori come Piero Camporesi, Carlo Ginzburg, Ernesto De Martino, Robert Graves, James Frazer, il mio compaesano Raffaele Pettazzoni e Massimo Montanari. Poi aggiungerei l'Emilia Romagna magica de "Il tesoro del bigatto" di Giuseppe Pederiali o i falò de "La luna e i falò" di Cesare Pavese. E quel pervertito di Pascoli.

Il cinema invece mi vede un po' meno preparato, ma sicuramente ti aspettavi una domanda su Pupi Avati. Ho rivisto di recente "La casa dalle finestre che ridono" e tra tutti i personaggi sembra vivere di vita propria la stessa campagna della tua regione, l'Emilia Romagna. Ecco, per i Vade Aratro è una vita asfittica, misteriosa da intendere sempre in senso fiabesco/orrorifico o invece come senso di riappropriazione della propria persona? Sai, una reazione alla vita cittadina e menate varie... Tra l'altro, leggendo la spiegazione di "Tsocs", abbinata alla musica che i curiosi potranno ascoltare il venerdì di Pasqua in tutte le chiese d'Italia, mi sono venuti alla mente certi personaggi e certe chiese che avevano ben poco di rassicurante... Mah, su Pupi Avati posso solo dirti che ho recitato una piccola parte in un suo film negli anni Novanta, ma non ti svelerò quale! Cinematograficamente i Vade Aratro sono più da "L'albero degli Zoccoli" di Ermanno Olmi, anche se è una campagna un po' più a nord della nostra. Angosciante. Per il resto riguardo il rapporto Vade Aratro/Campagna-Campagna/Vade Aratro è qualcosa di molto spontaneo, inevitabile, direi: ho sempre vissuto in campagna ed è da lì che guardo il mondo. La chiesa è inquietante.

Il rapporto tra Vade Aratro e Malnàtt è intenso e occulto. Porz ha sviluppato il layout del libretto, tu il design delle maschere usate dal suo gruppo. E tra l'altro ci sei anche tu lì in mezzo col nome di Gumìra, termine dialettale che significa... Vomere! Il cerchio si chiude. Come procede questa continua osmosi? Beh, intenso sì, ma occulto direi di no. Conosco Porz da prima che si chiamasse Porz perché facevamo la stessa scuola. Suono il basso in Malnàtt dal 2009, anche se ho saltato un paio di anni. Anche Federico (bassista dei Vade Aratro) ci ha suonato: siamo una riserva di caccia al bassista. Lì ho un ruolo gregario, poche delle mie proposte arrivano su disco perché troppo "caratteristiche" e distanti dal suono che identifica il gruppo. E' Porz ad avere la visione d'insieme. Mi affido a lui per le grafiche dei miei dischi semplicemente perché è il migliore.

In "Maiale" lo stesso Porz ti aiuta con una piccola partecipazione, urla "Porco!". Sai che nei concerti suonare questa canzone potrebbe portare a un aumento del tasso di bestemmie del 100%? Lo ho notato con fastidio durante l'ultimo concerto. Mi scoccia che mi si guardi il dito mentre indico il maiale. 

Degli altri ospiti, chiamati qua e là a intervenire, chi senti che abbia dato un tocco di personalità al disco? Indubbiamente Bruno Rubino! Ha suonato tutte le parti di batteria, che sono andato a registrare nel suo studio a Siracusa. Ha fatto un lavoro sbalorditivo: non solo è stato capace di un'esecuzione impeccabile, piena di idee e personalissima, ma quello di cui siamo più soddisfatti è l'immediata sintonia e profonda comprensione che ha avuto con le canzoni. Una comune sensibilità e un'amicizia decennale ci hanno permesso di portare a casa in una manciata di giorni un risultato incredibile, considerando la complessità delle strutture. Evidentemente siamo "storti" allo stesso modo. Poi sentire Giuseppe Brancato (sempre dei Fiaba) cantare una mia canzone mi ha davvero emozionato. Simone Lanzoni (che suona pure lui nei Malnàtt, oltre che in Eva Can't e In Tormentata Quiete) è stato fondamentale per il missaggio finale. Infine registrare il coro dei figli degli In Tormentata Quiete è stato molto divertente.

Una deliziosa sorpresa che ha accompagnato l'arrivo di 'Il Vomere di Bronzo' è stato un vasetto di confettura (giusto? Ho fatto bene a non chiamarla marmellata?) fatta "con amore" e col logo dei Vade Aratro. Era al gusto pere abate e cannella. Dalle foto su Facebook vedo che avete anche vino e altri gusti di confetture. Altro particolare è che nei pacchi che mandate inserite anche elementi realmente agresti, foglie, spighe, erba. Facendo una squallida battuta, si potrebbe dire che non siete braccia rubate all'agricoltura perchè qualcosa la sapete fare. Che rapporto avete con i mestieri di altri tempi come il lavoro nei campi, il pascolo, il macello della carne? Io lavoro la terra. Nel senso che modello l'argilla. Però ho anche un orto abbastanza grande dove coltivo più di venticinque specie diverse, oltre a svariati alberi da frutto e un paio di tralci di vite. Ho diversi parenti coltivatori diretti, ma non quelli più stretti. Riccardo, il nostro batterista, è macellaio. Insomma, non è una pagliacciata, è davvero il nostro mondo. E bravo per la confettura!

Marcello, tra libretto e copertina ci sono diverse tue opere. I lettori possono vederne qualcuna qui, disseminate nella pagina. Ci spieghi il significato della rana? E poi in generale come le attività della scultura e della musica si sono intersecate negli anni? Cerco di dare una continuità a tutte le mie attività, così che quello che suono, quello che faccio, quello che leggo e quello che penso si possano mescolare e puntellare vicendevolmente. Alla fine era la soluzione più ovvia e spontanea, anche se ci ho messo un po' a capirlo. Mi hanno convinto mia moglie, Bruno e Porz a proporre come immaginario visivo a supporto della musica le mie rane. Tenevo le cose separate per pudore. La rana è un anfibio con le zampe tra due mondi. E poi vive una metamorfosi. E' un discorso lungo... A dirla tutta preferisco il rospo, che ammiro immensamente: la sua forma, come si muove, lo sguardo... Credo che in futuro continueremo ad utilizzare le mie opere per le copertine dei dischi dei Vade Aratro.

Pensi di avere altro da aggiungere o possiamo concludere dicendo che quella filastrocca ne "Il Diavolo In Carrozza" mi ha sempre dato un fastidio immane e il suo inserimento nel contesto della canzone mi ha reso felicissimo? Ah, io non la smetterei più di cianciare e pontificare!
"Piove piove, viene il sole
La Madonna raccoglie un fiore
Lo raccoglie per Gesù
Finalmente non piove più"
 
Agghiacciante. Mi ha sempre inquietato. Ho frequentato un minuscolo asilo parrocchiale adiacente ad una chiesetta sui campi, gestito dalla sorella del prete, una donna eccezionale, rustica e dal cuore d'oro. Era lei a farci vedere come scuoiava gli animali che allevava e poi cucinava per noi, lasciandoci scorrazzare in un cortile che non prevedeva recinzioni e sfumava nella campagna. Incredibile pensare che siano passati solo trent'anni. Quando pioveva e sentivamo "il diavolo in carrozza" (i tuoni) ci facevano cantare quella filastrocca, che associo indelebilmente ad un quadro appeso nel salone dell'asilo con angelo custode e bambini su ponticello malfermo. Prima di pranzo, ogni giorno recitavamo l'"eterno riposo". Campagna, cibo, animali, "magia" e morte. Credo che alcune di queste suggestioni siano arrivate fino alle canzoni dei Vade Aratro. Grazie per il tempo che hai dedicato ai nostri dischi!
 

I Vade Aratro sono: Marcello Magoni (voce e chitarra), Federico Negrini (basso e voce) e Riccardo Balboni (batteria e voce).

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