NAPALM DEATH: FROM ENSLAVEMENT TO OBLITERATION
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24/10/2005Dopo un debutto sconquassante come "Scum" i Napalm Death tornano a far danni, confermando dietro il microfono il malatissimo Lee Dorrian, autore qui di una performance lacerante all'insegna della più cruda follia. E' ancora un volta grindcore sparatissimo quello che esce dalle casse quando nel lettore gira questo "From Enslavement To Obliteration": poco o niente sembra infatti essere mutato in seno alla band rispetto alla precedente release. Parlare di una proposta più ricercata e meno impulsiva in effetti è ancora prematuro; in futuro invece sarà più tangibile una certa evoluzione. A farla da padrone sono ancora i ritmi forsennati dettati dal drumming di Mick Harris, a cui si aggiunge il pulsare convulso del basso di Shane Embury e la chitarra isterica e omicida di Bill Steer (che di lì a poco lascerà la band contribuendo alla leggenda dei Carcass, altra formazione seminale come poche). Un filo conduttore del secondo genito di casa Napalm Death si può ritrovare nelle lyrics, sempre impietose e taglienti, che mettono in luce ancora una volta il lato peggiore della società in cui viviamo: date un'occhiata al testo di "Cock Rock Nation" o a quello di "Make Way" e capirete cosa intendo. Sfido però chiunque a cercare di comprendere i testi senza averli sotto mano, visto che ciò che viene vomitato dalla bocca di Dorrian non ha nulla di definito (in verità è quanto di più distante ci possa essere da una voce umana). Ma questi sono i Napalm Death e questa è la loro dimensione ideale, un marasma di nichilismo e brutalità in cui emergono brani che hanno fatto la storia del genere: "Mentally Murdered", "Unchallenged Hate", ma anche la stessa title track, con un testo che, come tutto ciò che riguarda i Napalm Death, non ammette obiezioni.
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