ROTTING CHRIST
Non una semplice data questa del 10 marzo a corredo dei greci Rotting Christ, studiosi delle profondità sulfuree della terra, ma un vero e proprio festival con quattro band di diverso calibro tra le quali gli Scuorn - one man band partenopea di epic folk black metal, Dewfall - navigata black death band pugliese, Shadowthrone - symphonic black metal e Nomura. Arriviamo al Traffic mentre stanno salendo sul palco gli Scuorn, è la prima volta che assistiamo ad un loro concerto, ma si sono fatti precedere da una serie di commenti positivi e quindi la curiosità è veramente tanta. Dopo i primi pezzi non possiamo che confermare le ottime recensioni che la band partenopea sta raccogliendo fra pubblico e critica. Un mix fra sonorità folkloristiche della tradizione campana su trame black metal che mai avremmo immaginato di ascoltare così ben amalgamate, perché, parliamoci chiaro, qui non si tratta di cantare una tarantella in growl, ma di riuscire a proporre qualcosa che suona veramente originale pur utilizzando ritmi, strumenti e temi noti da secoli. Il locale è già quasi pieno, l’impressione è che tutti gradiscano e si divertano. Peccato solo il breve timing a loro disposizione, nemmeno mezz’ora e siamo già ai saluti, quasi certi che si tratta di un arrivederci a presto! Non riusciamo a seguire purtroppo gli Shadowthrone perché mentre suonano siamo impegnati nell’intervista a Sakis Tolis (Rotting Christ), ma rientriamo in tempo per i Dewfall, i quali vantano una grossa presenza scenica, nonchè danno una sterzata sia scenografica che sonora verso un black death scandinavo e tellurico con qualche incursione nel thrash, che fa salire il pogo, scatenare le capocce e fluire di capelli nel locale ormai al completo. Sul palco troneggia un grosso cerchio a mo di corona di alloro gigante (come quello che si utilizza sul capo di chi consegue la laurea) sul quale vi è montato il microfono del cantante. I baresi non sono fra i gruppi più originali del genere, però non mancano di tecnica e qualita’, che non è poco, e soprattutto nonostante il loro repertorio si sia fermato all’Ep del 2013, dal vivo funzionano decisamente bene. Si avvicina la mezzanotte, e quale miglior ora per avviare i rituali sulfurei duranti i quali Sakis (cantante) ha pronunciato il nome del principe delle tenebre tra le 300 e le 400 volte (invocazione, o semplici riferimenti a esorcismi in cui viene evocato? Lo chiarirà l'intervista al leader), la band ha spazzato via qualsiasi ombra di dubbio.
E' stato riproposto quasi totalmente 'The Mighty Contract' ad eccezione di "His Sleeping Majesty"; riascoltare oggi quei brani a distanza di oltre 23 anni da quando furono pubblicati fa ancora effetto, pur denotando un songwriting datato e semplice; rispetto al disco si percepiscono più influenze doom - “The Fourt Knight Of Revelation” - epic metal, l’heavy metal degli Iron Maiden in “Dive The Deepest Abyss”, meno black metal in “Exiled Archangel”, un cantato più urlato rispetto allo screaming del platter stesso ed i suoni di chitarra sono meno spigolosi. Lasciato alle spalle il disco d'esordio, la solenne e industrialoide “666” ci trasporta in un altro girone infernale, dove le truppe del principe delle tenebre marciano senza sosta. La differenza tra i brani dell'esordio e quelli più recenti, tratti da 'Kata Ton Daimona Eaytoy' e dall'ultimo lavoro ‘Rituals’, si percepisce nella potenza e nel trasporto che traspaiono dalla resa live come in “In Yumen/Xybalba” e nell’epica “Grandis Spiritus Diavolos”; le ultime produzioni destano sensazioni pari ad un carro armato lanciato a folle velocità sul pubblico, ma la potenza e la velocità come in “EIthe Kyrie” denotano una minore atmosfera (dovuta alla mancanza dei samples) rispetto alle tracce su disco che incutono molta più enfasi e terrore come nella fautrice di headbanging “Ze Nigmar”.
Il bis è toccato a "Non Serviam" (acclamato e cantato dai numerosi fan), molto trascinante nell’incedere, ma con il punto debole del ritornello, troppo scontato (e dal pubblico si è sentita la battuta: ok, non in Serbia). Con la sterminata discografia che hanno prodotto, potrebbero suonare per sette giorni consecutivi proponendo ogni sera una setlist diversa, e non ci stancheremmo di ascoltarli.
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