EP & SPLIT: Quando le dimensioni non contano
Tre parole. 'Despise The Sun', che è un po' il sole-cuore-amore del death metal, dura sedici minuti di perfezione. Sarà stata la necessità, sarà stato il caso, fatto sta che è uno degli apici dei Suffocation. È un caso limite in positivo, ma deve essere il manifesto per chi mastica musica estrema e non prende in considerazione certe uscite apparentemente minori. Nella botte piccola c'è il vino buono, no? Ecco, in questo periodo, nel marasma di roba arrivata in redazione, ho scelto di dare risalto a una manciata di uscite di questo tipo, che di solito scopro in ritardo. Ma la colpa non è certo mia, perdonatemi, se certe volte mi spacciano per "NUOVAH USCITAH!!!" un piattello di plastica contenente un pezzo già pubblicato, un remix e una cover.
Aspettavo da tempo l'occasione buona per parlare di questa freschissima etichetta che sta facendo uno sfacelo tra distribuzione nel nostro Paese e pubblicazione di roba propria. Everlasting Spew ha già le idee chiarissime e le abbraccio in pieno. Così come cerco di contenere nelle mie braccia il sound proveniente da quello che con tutta probabilità sarà il lavoro grindcore italiano dell'anno, ma non ci riesco. Scontro a dir poco titanico tra due certezze del genere. Ad un angolo del ring ecco i Mindful of Pripyat, che hanno delle chitarre ciccionissime molto orientate al death metal, così come la voce di Tya, ben più noto per la militanza negli Antropofagus. All'angolo opposto, e con il batterista in comune, abbiamo gli Stench of Profit, di nome e di fatto innamorati della vita perché esistono i Brutal Truth (cazzo, esistevano lo so, ma la musica è eterna). 'New Doomsday Orchestration' è prepotente, fa da trampolino per questi due gruppi che durante l'ascolto ti salgono in testa calpestandotela senza complimenti. Alla lente di ingrandimento ne esce un po' meglio il lato dei MOP, per un tasso di coinvolgimento maggiore e una esperienza che comprende anche un signor EP di due anni fa. Una cartolina da Cernobyl piena di insulti.
Come preparano i riff in Emilia Romagna non li preparano da nessun'altra parte. I gruppi di quella regione hanno un particolare gusto nella creazione del death metal. Dagli Electrocution agli Hateful, Unbirth, Hatred (e ora Demiurgon), per poi arrivare ai Blood of Seklusion e ai Valgrind. Provare per credere, abbiamo una sorta di Florida dietro l'angolo. Qui infatti proviamo il nuovo EP dei Valgrind, che segue di un solo anno il mostruoso 'Speech of the Flame'. Alla chitarra troviamo Umberto Poncina (ciao Umberto!), una vecchia conoscenza di Hardsounds.it che ha fatto non bene, direi benissimo a lasciare le recensioni per concentrarsi sul death metal. Era difficile superarsi, la band lo sapeva, per cui ha scelto di cambiare parzialmente approccio. In sede di produzione le chitarre sono un po' più indietro nel mix rispetto al classico muro che creano nelle uscite più recenti e questo, unito a melodie più accentuate ed epiche, conferisce al disco un'atmosfera diversa. Si sentono meno Monstrosity e Nocturnus rispetto al solito, insomma. 'Seal Of Phobos' (Everlasting Spew Records) è più riff-centrico, meno contorto e claustrofobico rispetto ai suoi predecessori, senza per questo essere tronfio o banale.Tra l'altro la breve durata fa risaltare ancora di più l'operato furioso e preciso di Gianmarco Agosti alla batteria. Segnalo ai profanatori di tombe più incalliti -lo siete tutti se state leggendo, dai- il cameo indolore di Jonny Petterson (ne ho già parlato qui) nella già ottima "Ekphora's Day".
Ve lo ricordate il cerchio della vita del Re Leone? Qui è invece un cerchio della morte vero e proprio. Andiamo nei dintorni di Brescia. Lì ci sarà sicuramente una spelonca orrenda in cui sono nascosti i Voids of Vomit. Cantante e batterista negli ultimi tempi hanno allestito una line up fortissima con i chitarristi degli Hateful (Lupidi è anche nei Valgrind ed è l'autore della bella copertina, guarda un po' il caso a volte...) e Maso dei Funest al basso e il risultato è stato 'Ritval Expiation', cassettina di due brani risalente allo scorso anno. Oggi con lo stesso titolo è pubblicato un mini-cd/vinile (Everlasting Spew Records) contenente anche il lato VoV split con i Morbid Upheval. Staranno prendendo tempo? Diluendo troppo le uscite? Non sarebbe meglio aspettare di avere sei o sette canzoni e fare un album lungo? Probabilmente sì, ma se -come me- non avrete altro dio (o quasi) al di fuori del formato cd, è proprio il caso di procedere con l'acquisto. I due brani più recenti hanno aggiunto ulteriore sostanza e tecnica a un gruppo che già era quanto di più pesante ci fosse in giro nelle paludi italiane. Asphyx, Grave e Demigod con slancio assassino e in un contesto ritualistico e cavernoso: ogni singolo passaggio è cruciale, è espressione di una band che -pur nel poco materiale prodotto dalla fondazione, oltre dieci anni fa- ci ha messo il cuore. E le budella. E i polmoni. Ah, lo stomaco. In pratica tutto. Glielo avranno detto in tanti che ora vogliamo il full length, ma giusto per curiosità a me andrebbe bene anche un altro split, magari con i Serpent Ritual. Tanto pure i Sadistic Intent vanno avanti a EP e split, non allarmiamoci inutilmente.
Rimanendo in tema di gruppi che stanno ristampando, la Blood Harvest ha tirato fuori qualcosa di veramente oscuro e dimenticato da satana e dagli uomini. Di metal serbo ve ne intendete? Io per niente, ma se ci stanno i Vehementer allora diciamo che la mia conoscenza inizia col piede giusto. Questi tizi sono in giro dai primi anni Duemila e a occhio e croce -rovesciata, ovvio- hanno pubblicato solo quattro brani nell'EP intitolato 'The Black Spectrumfest', era il 2008. Oggi con titolo cambiato in 'Replenishment Circle' esce in vinile. Cosa vi aspettate? Prog metal con voce femminile? Come no. È purissima venerazione del black/thrash più martellante e becero che ci sia in circolazione, seme dei Desaster inoculato nella vulva degli Aura Noir. O viceversa, se vi fa piacere. Non è una recensione, non voglio chiedermi perché sia uscito fuori ora, so solo che funziona alla grande perché sventra cadaveri e dura meno di un quarto d'ora. Su Facebook il boss Ferreus The Adversor dice che ora è tornato per rimanere, e lo speriamo veramente. Anche se i tratti caratteristici sono nulli, è l'intensità infernale che mi fa ben sperare. Come il serial killer che è una persona all'apparenza del tutto normale, tranne che per lo sguardo invasato. Veemenza fa rima con viulenza.
Vogliamo fare gli estremisti dell'estremo? Ecco due uscite veramente brevi, delle suppostine nucleari. Un discorso come quello in apertura a questo articolo l'ho fatto già nella mini-recensione di 'Turd', lo scorso anno. Gli Ape Unit lì avevano fatto un macello. Gli Ape Unit SONO il macello, la moglie ubriaca nella botte piena e se avete già premuto play siete a buon punto del loro lato di split. Me lo avevano annunciato lo scorso anno che sarebbe arrivato. Ed eccolo, in tutta la sua disarmante, logica e commovente bellezza il lavoro condiviso con gli Horsebastard (Dead Heroes), che dispensa mazzate di grindcore e powerviolence. Aspettate, forse le lacrime agli occhi dello scimmione e del cavallo in copertina non sono esattamente di gioia. Beh in ogni caso non c'è un minuto da perdere, lo dico letteralmente. Visto il breve tempo a disposizione vanno ancora più veloce del solito, concedendosi qualche attimo rockeggiante solo in "Between The Burger and Me", titolo che sicuramente sarà anche venuto in mente ai Buffalo Grillz che ora dovranno ripiegare su altro. Le urla degli Horsebastard sono come di consueto acutissime. Anche loro hanno caricato sull'artiglieria e mi sembra che musicalmente siano diventati anche più pesanti. Equestrian blastcore, si definiscono. Come si può non amarli? Anche se sono meno particolari degli Ape Unit, bisogna ammetterlo. Strupro auricolare garantito, da un lato uno stallone, dall'altro il gorilla.
Siamo arrivati alla fine, ma non prima di tributare un piccolo spazio a uno dei micro-album che ho più ascoltato in questo periodo. Aspettavo l'autobus? Ero in sala d'attesa dal dentista? Mi rigiravo i pollici mentre il pizzaiolo sfornava la mia cena? Tac. Partiva 'Autonomous Mechanical Extermination'. Antipathic è un nome nuovo, frutto del filo rosso intercontinentale che unisce la Pennsylvania con la provincia di Vibo Valentia, ossia la chitarra e batteria di Chris degli Human Repugnance e il basso e la voce di Tato, ben più noto da queste parti per essere in Glacial Fear e Zora. Quest'ultimo ci ha preso decisamente gusto nel mettere a disposizione la sua delicata ugola dopo il recente 'Scream your Hate', proprio degli Zora. Come copertina e tematiche siamo vicini all'apocalisse mostruosa dei Pathology, mentre la musica è ben più dinamica. Non ci sono cazzate tecniche, bensì tanto groove e una alternanza ideale di parti lente e veloci. Un progetto di caratura internazionale che merita di durare più dei sei minuti di queste tre tracce. Mi lamento spesso che gli italiani nel death metal non guardano spesso oltreoceano: stavolta con sommo godimento esalto gli Antipathic perché hanno creato qualcosa che -se sviluppato per un'altra ventina di minuti- etichette come la Coyote Records o la New Standard Elite dovranno pubblicare a occhi chiusi.
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