LOUDNESS: Thunder In The East
Sono stati incisi tanti grandi dischi, innumerevoli top album, lavori che indiscutibilmente hanno fatto la storia e/o influenzato le generazioni successive che hanno ricevuto entusiastiche, ma quanto classiche recensioni. Considerato che si tratta dei "biggest records", (biggest perchè "grande" in tutti i sensi), abbiamo pensato bene di dare loro la giusta visibilità e la dovuta dimensione con speciali che provano a scavare in fondo fin dentro le viscere dei contenuti degli album.
Probabilmente, il quartetto nipponico (nativo di Osaka), attivo fin da 1981, rappresenta quanto di meglio il Sol Levante sia mai riuscito ad esprimere in campo metal. E l'album in oggetto è la testimonianza lampante delle qualità di Akira Takasaki e soci, leader della band e "superdotato" guitar-hero, membro ufficiale della congrega suprema dell'olimpo degli axemen. La loro proposta trattasi semplicemente di heavy metal, e mi auguro non possa sembrare riduttivo viste tutte le etichette che oggi inflazionano il genere che pare quasi vogliano far dimenticare quello che rappresenta il concetto principe da cui il resto, poi, ha iniziato a muovere differenti "passi" o "coreografie". Contestualizzandolo, 'Thunder In The East', il secondo album della band ad essere registrato anche per il mercato internazione dopo il precedente 'Disillusion', è un disco fresco e genuino e che ancora oggi si lascia apprezzare nonostante gli anni siano inesorabilmente passati: "Crazy Night" porge subito il biglietto da visita della band presentandocela compatta, decisa, diretta (è già il titolo dovrebbe suggerire molto), in tutta la sua tipica struttura di song metal trasudante di feeling: cori, chitarre e sezione ritmica dall'impatto immediato, carovana emozionale che imperversa anche nella successiva e più spedita "Like Hell".
"Heavy Chains" è la migliore traccia del disco, ora cadenzata, arpeggiata, poi veloce. Brano che farà scintillare il vostro hi-fi (ne avete ancora uno?!?), strepitosa, ormai considerata uno dei cavalli di battaglia della band in cui, inoltre, Takasaki sfodera un solo che definirlo come tra i più belli dell'intera carriera non è certo un azzardo. Con "Clockwork Toy", poi, canzone che dovrebbe suscitare in voi qualche sospetto visto che dal mobiletto dello vostro stereo dovrebbero iniziare a presentarsi "segnali di fumo" grazie alle vocals sputafuoco di Niihara (anche se il suo accento inglese è assolutamente terribile), e grazie alla ritmica vulcanica del duo Yamashita/Higuchi (quest'ultimo deceduto nel 2008 a causa di un cancro al fegato). "The Lines Are Down" tiene ancora alta la "tensione" del disco, rude, precisa ed "in your face", prima della conclusiva "Never Changed You Mind", lenta e sofferta interpretazione che suggella la trasversalità dell'intero lavoro (che nei seguenti lavori diventò ancora più marcata, con una pronunciata "americanizzazione" dei suoni e dello stile, vedi 'Lightining Strile' ed 'Hurricane Eye').
Akira Takasaki: Guitars
Masayoshi Yamashita: Bass
Munetaka Higuchi: Drums
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