ZAGARA: Duat
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01/04/2023Zagara. Trio sabaudo. Suoni resi fluidi mescolando basso macinante stoner (QOTSA) e loop psycho-elettronici; gruppo dall’approccio musicale da The Flaming Lips e dal fare tardo-adolescenziale Verdena. Disco suonato e campionato. Cantato in italiano. Pseudo esordio, perché ‘DUAT’ (2022, Overdub Recordings) è il primo album canonico, ma è il secondo rispetto ad un mezzo disco, un EP di cinque tracce, uscito nel 2019 (‘Trovandoci la Mente’). Scrittura da “bambini signori”, si, quelle persone dall’aspetto bambino, ma già grandi nel modo di apparire, in questo caso, nel modo di rapportarsi ai pensieri. 'Duat' (l’oltretomba per gli egizi) è un concept album che narra il viaggio di una persona alla ricerca dell’equilibrio, tra i due poli, Ordine e Caos, che regnano sovrani nei pensieri di ognuno di noi. Parallelismi tra il mondo terreno e il mondo parallelo. La prima traccia “Maat” è un bel connubio tra improvvisazione jazz e composizione stoner, dai tempi fantasma (che caratterizzano tutto l’album), con onde vocali ed un cantato (in questa traccia) che ricorda Queen Of The Stone Age (abili nel dosare piccole gocce di melodia su sonorità desertiche e sabbiose). Si presentano così gli Zagara: con sfumature di dolcezza a raccontare il momento del giudizio divino secondo gli antichi egizi, la pesatura del cuore, la pesatura dell’anima. Fragili, per la presa lenta, nella successiva “Quello Che Ha un Peso”; per poi irradiarsi di colori e carattere in “Se Hai Fame”: traccia dance nata dalla distorsione, come insegnano i torinesi Motel Connection (poi Subsonica), in atmosfere già conosciute nel primo EP (sporche da Nirvana). Momenti anche pop, alternati a suoni surrealistici, e gracili in alcune parti. “Iluminami” si risolleva nella seconda parte strumentale. Belle le accelerazioni in “Il Giardino Dei Tarocchi”. Instabilità corrette da suono saturo; per giungere all’ultima traccia “Lago” che rappresenta equilibrio tra immagine e musica, e conferisce apnea musicale. ‘Duat’ è sicuramente un prodotto di nicchia, che potrà essere criticato da ascoltatori detrattori di uno dei filoni musicali che ho citato, e da chi non tollera le sperimentazioni. Ma loro sono giovani e hanno diritto di trovare una loro maturazione, esplorando più territori che, di primo acchito, non hanno lo stesso habitat. A mio giudizio il loro ambiente più congeniale potrebbe essere quello creato dagli americani e alternativi Flaming Lips, agro-dolci, visionari, maestri nel creare collegamenti fra immagini e musica (magari partendo sempre dalla loro matrice stoner). In fondo, Torino non è solo bianconera ed è sempre più multietnica nei suoi colori. Egizi, esperimenti di Duncan Mac Dougall, quel trapasso (di 21 grammi), ma musicalmente vorrei che mi portassero più fame di ascolto!
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