YNGWIE MALMSTEEN: World On Fire
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08/07/2016Ventesimo lavoro dell'(ex) asso svedese, lavoro che certifica ancora una volta l'irreversibile processo di decadimento artistico di quello che ha fatto sognare migliaia e migliaia di chitarristi, colui che con la sua mitica Fender scalloped era in grado di far rimare la parola Fire con Higher non esiste più oramai da quasi tre lustri. Purtroppo, nemmeno questo 'World On Fire' non aggiunge niente a quanto mostrato con 'Spellbound' evidenziandone anzi i suoi aspetti peggiori: le infinite esecuzioni di scale sei-settecentesche a rotta di collo, virtuosismi fine a sè stessi, la voce nasale e grezza da parte dello stesso Yngwie che rovina completamente un brano dotato di un certo appeal come "Soldier" (dai tratti epici tipici del periodo di 'Marching Out'), si sarebbe avuto avuto tutt'altro esito se il 'Maestro' si fosse affidato ad un vocalist con le palle come Mark Boals, Doogie White o Mats Leven. Ma tutto questo al sempre più autarchico Yngwie evidentemente non gliene frega un bel niente dato che come già avviene da parecchi anni preferisce prendere il controllo di tutto, a partire dalla produzione (come nelle ultime realizzazioni dagli esiti indecorsi, non l'avremmo accettata nemmeno se si fosse trattato di un demo, figuriamoci da un musicista dalla carriera ultratrentennale), per passare all'esecuzione dove Yngwie suona in pratica tutti gli strumenti fatta salva la batteria, affidata al giovane Mark Ellis. La stragrande maggioranza dei brani è strumentale, ad eccezione di “World on Fire”, “Soldier” e il mid-tempo “Lost in the Machine” e se da un lato ci si stufa ascoltando l'incessante sterile pioggia di note soliste la presenza di soli tre brani cantati ci evita fortunatamente ulteriori problemi di acidità di stomaco (improponibile la voce di Yngwie, veramente fastidiosa). Idee prossime allo zero con un riciclo continuo di riff e assoli, confusione che regna sovrana, sound davvero penoso: questo è quanto Malmsteen è capace di offrirci oggi.
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