WITCHWOOD: Before The Winter
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27/11/2020Gli emiliani Witchwood sono stati, negli ultimi anni, tra gli emblemi di un certo modo di fare musica che può spaziare in maniera trasversale tra le generazioni. Negli album ‘Litanies From The Woods’ e ‘Handful Of Stars’, il sestetto ha inciso in maniera profonda scavando nei solchi ben radicati del rock classico e del prog che tanto hanno segnato i decenni passati, e nello stesso tempo esprimendosi in maniera convincente e credibile anche tra le generazioni attuali che, grazie anche ad un certo revival di quelle sonorità che in gran parte d’Europa ha preso gran piede nell’ultimo decennio, strizzano ancora un po’ l’occhio a quegli artisti che ne hanno dato origine (tra i vari, Deep Purple, Uriah Heep e Jethro Tull che risultano essere i riferimenti principali dei Witchwood). Autori, come anticipato, di due album che, per il classic rock di stampo contemporaneo prodotto in Italia (e non solo) sono delle autentiche perle, i Witchwood rinnovano il sodalizio con Jolly Roger Records per la pubblicazione del loro terzo lavoro, ‘Before The Winter’, il quale presenta un artwork di copertina che simboleggia appieno le atmosfere che la band vuole porre in essere durante l’ascolto dei brani; un’immagine notturna e fredda, con una serie di figure animali che cercano di rappresentare le anime della band, in un contesto di apparente quiete che, in qualche modo, può presagire il mood sonoro dei brani. Si parte subito in quarta con la doppietta iniziale “Anthem For A Child” e “A Taste Of Winter”, che rappresentano un senso di continuità con quanto di buono è contenuto nei due album precedenti, soprattutto sotto l’aspetto della vitalità sonora. A partire dalla voce possente e perentoria di Ricky Dal Pane, la band si esprime nelle sue migliori condizioni, sfoderando il proprio potenziale, e in cui spiccano quelli che sono forse gli elementi caratteristici del sound dei Witchwood, vale a dire il flauto traverso di Samuele Tesori e l’hammond di Stefano Olivi. Il singolo “A Taste Of Winter” che ha anticipato l’album anche con un video che ha come protagonista un bambino che si imbatte in una tipica palla di vetro con neve, dentro la quale viene risucchiato con la band che suona e un personaggio misterioso alle sue spalle, possiede quell’andatura cadenzata che induce inevitabilmente a muovere le gambette a ritmo. Con “Feelin’” si cerca di addentrare in maggiori virtuosismi, soprattutto da parte del flauto e dell’hammond, senza però snaturare le loro radici e il loro sound caratteristico, che si basa su una ritmica ben dosata e prorompente. A questo punto, e fino alla fine dell’album, si cerca di abbassare leggermente le frequenze e i toni, dosando in maniera parsimoniosa prog e rock classico, mantenendo un mood tipicamente american style che rende comunque alta la qualità della musica dei Witchwood. “A Crimson Moon” è un lento dalle sonorità tranquille che ricorda, per certi tratti, persino gli episodi più malinconici degli Opeth. “Hesperus” riaccoglie in maniera complessiva tutte le varie sfaccettature e i vari lati musicali dei singoli membri della band, mantenendo però un sostanziale basso profilo. “Nasrid” è un brano totalmente strumentale dove spicca la presenza di una vocalità femminile di stampo operistico e i tocchi di chitarra acustica che donano un senso di candore al brano. La presenza femminile permane anche nei brani conclusivi “Crazy Little Lover” e “Slow Colours Of Shade”, come permane anche un senso di relativa compostezza complessiva, e quindi mancando forse di quell’esplosività che nei brani iniziali era presente in maniera lampante, e che non sarebbe stato cattivo riproporre nel finale del disco. L’album si chiude con una cover di “Child Star” di Marc Bolan, effettuata in uno stile che può ricordare un certo modo di fare prog vicino ai primi PFM, inserendo frammenti di rock classico. La copertina di ‘Before The Winter’, come anche quelle dei dischi precedenti, dona un senso di magia latente che in passato era ben presente in quasi tutti i loro brani, confermata anche dal vivo. Ecco, forse questa magia, soprattutto nella seconda parte del disco, fatica ad emergere, anche dopo diversi ascolti. D’altro canto, questa rimane l’unica “pecca” di ‘Before The Winter’, perché siamo comunque di fronte ad un lavoro che si eleva dalla media. Per cui, rimane sempre poco da dire: ben vengano questi lavori con questa alta qualità.
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