THE DENIAL: CLAWS
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28/12/2008Sapete qual è una cosa estremamente piacevole e contemporaneamente difficile da fare? Ascoltare il debut-album dei deathster pugliesi Denial, che propongono un sound al tempo stesso contaminato e innovativo. Immaginate la struttura ritmica e l'industrialità dei Fear Factory, mista ai tecnicismi dei Meshuggah e al groove dei vari Sepultura e Gojira. Eppure, tutto ciò è ancora insufficiente a rendere bene l'idea di ciò che propongono questi ragazzi. Il pesantissimo attacco della title track che apre il disco ci trasporta in una dimensione dove un growling decisamente old school (ricorda abbastanza John Tardy) si fonde a delle melodie in puro stile At The Gates e a un incedere marziale e cadenzato, dove la moderna monoliticità dei riff non ammette fronzoli o chiacchiere di nessun tipo. Ma con la successiva "Domain-Deceit" ci troviamo in territori più tecnici, totalmente disorientati dagli assurdi tempi portati avanti dall'immenso e criptico muro sonoro dei nostri. Qualche spruzzata di samples e tastiera più avanti proiettano nella dimensione industrial il lavoro, che regredisce nella sua più ferina e ancestrale tribalità con "No Longer Enslaved", brano che poteva tranquillamente trovarsi in 'Chaos A.D.', così come la successiva "Serpent's March". E conclusione migliore non potevamo chiedere: l'apocalittico mid tempos della strumentale "Soundtrack of Apocalyptic Visions", impreziosito da fraseggi semplici e melodici, ma ispirati come non mai. E la perla finale: la splendida "Nanoman", pezzone di quegli impareggiabili geni che portano il nome Voivod. La scoperta di band come i Denial lascia ben sperare per il futuro qualitativo della scena metal qui nel Paese della pizza-mandolino-Lacuna-Of Fire. Assolutamente una band da ascoltare, per tutti.
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