SUM 41: 13 Voices
data
17/10/2016A cinque anni dalla pubblicazione di ‘Screaming Bloody Murder’ i Sum 41 sono tornati con un nuovo lavoro: ’13 Voices’ sotto etichetta Hopeless Records, ma in questo lasso di tempo la band ha avuto a che fare con tour infiniti per il mondo, con la dipartita del batterista/fondatore Steve Jocz, il ricovero di Deryck Whibley a causa di problemi legati all’alcolismo, ed il grande ritorno di Dave Baksh alla chitarra. Jocz è stato sostituito dal 24enne Frank Zummo (Streets Drum Corps), e Dave è tornato affiancandosi al chitarrista che aveva preso il suo posto anni prima, Tom Thacker (GOB), mentre al basso troviamo sempre l’instancabile Cone McCaslin (Operation MD). Dunque la nuova formazione conta ben cinque componenti, alcuni con esperienze completamente differenti da quello che siamo abituati ad ascoltare dei canadesi che riempivano le radio e le reti televisive con le hits di “In Too Deep” o “Fat Lip” (per citarne alcune); rimuovete tutto quello che pensavate di sapere perchè ’13 Voices’ segna finalmente il tanto atteso distacco dal termine “Band pop-punk”. Ad aprire le danze è “A Murder Of Crows”, dall’intro quasi “sperimentale”, da film possiamo dire, per poi dopo più di un minuto partire con un sound pesante ed incisivo, dal testo orecchiabile e dai riff di chitarra prettamente metal. Segue una delle tracce più significative dell’album, “Goddamn I’m Dead Again”, riferimento all’esperienza del ricovero, Whibley e soci sfornano uno stile ed un sound alla NOFX, punk a go-go, batteria e basso pesanti e riff eseguiti alla perfezione da Tom e Dave, senza ricadere mai nel monotono: la seconda parte di questa canzone è infatti dedicata agli assoli di chitarra, e diciamocela tutta, due chitarre soliste funzionano alla grande per i Sum 41, ricordano vagamente lo stile dei Metallica. “Fake My Own Death”, prima canzone estratta che annunciava il ritorno, ritornello orecchiabile che vi risuonerà nella testa per tutta la giornata.
“Breaking The Chain” si stacca leggermente dalle linee pesanti ascoltate nelle prime tracce, facendo prendere un po' di fiato all’ascoltatore, ma “la calma” dura poco, il tempo di “There Will Be Blood”, anche questa niente a che vedere con i vecchi Sum 41. Dal cantato alla musica vi sembrerà di vederli già sul palco durante uno show. Arriviamo così alla track list, intro innocuo, ma tempo trenta secondi e riecco lo stesso sound pesante ed aggressivo iniziale, decisamente da concerto, con le due chitarre che sembrano impazzite. Il testo è semplice ed intuitivo ed il ritornello è da cantare e ricantare, sul finale troviamo probabilmente un riferimento a Jocz (meglio non indagare ulteriormente). L’unica ballad dell’intero album è “War”, primo singolo estratto, stando a Whibley il brano più personale dell’intera carriera, un testo che lo ha aiutato molto durante il ricovero, vi invitiamo a guardare il video:
Segue il secondo singolo (si, hanno pubblicato tre canzoni prima dell’album) "God Save Us All (Death To POP)":
In chiusura “The Fall And The Rise” e “Twisted By Design”, la prima ha delle parti rap ed un sound più metallico, un mix tra il vecchio ed il nuovo stile dei Sum 41, mentre la seconda è forse la più malinconica a livello di sound, perfetta per chiudere - probabilmente - il miglior album del 2016 in questa categoria. Abbiamo avuto l’occasione di ascolta la versione deluxe con quattro tracce in più, le versioni acustiche di “War” e “Breaking The Chain” (perfetta l’atmosfera che si va a creare), “Better Days” dai suoni rock and roll, e “Black Eyes”, dal cantato pesante e dai ritmi elettrici e movimentati.
Per concludere, possiamo affermare che ’13 Voices’ è sicuramente un album molto personale, dai toni mai monotoni e ben riuscito. Il 2016 ha segnato il ritorno di alcune band di questo genere che non hanno fatto troppo “rumore”, ma i Sum 41 riescono a conquistare vecchi e nuovi fan e ad acquisire una certa notorietà a livello mondiale per il loro modo di evolversi, una particolare che non è da molti. ’13 Voices’ non è un mix di vecchi album, non ha hit di punta, ma tutto l’album funziona, possiamo considerarlo come un ritorno alla vita per il cantante ed una nuova “sperimentazione” (ben riuscita) per questo quintetto canadese. Il ritorno di Dave è un valore aggiuntivo per i nostalgici, e la coppia con Tom funziona perfettamente; Steve Jocz manca, ma Frank Zummo riesce alla grande a colmare questo punto. Bentornati, ragazzi!
Commenti