SOL INVICTUS: The Cruellest Month
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18/06/2011E' una meditazione sullo scorrere del tempo e del diventare vecchi, e sul relativo declino in quanto ad individui, in quanto ad imperi e stati nazionali. Ha a che fare con la domanda se la crudeltà della vita è semplicemente il riflesso della crudeltà di Dio, oppure se siamo crudeli semplicemente per uno scopo. Parole di Tony Wakeford, anima e mente dei Sol Invictus, in merito a questo inatteso ritorno discografico. Parliamoci chiaro: "The Cruellest Month" è il tipico disco Sol Invictus, né più, né meno, tranne qualche accennata sterzata verso la musica popolare nel senso stretto del termine, ma niente di eclatante sul piano stilistico. Due chitarre acustiche attorno cui gravita tutto l'universo compositivo e concettuale della band. Meglio, l'universo di Tony il quale, dalla fuoriuscita dai Death In June nella prima metà degli anni '80, in parte si è scrollato di dosso l'onda polemica di natura strettamente politica rifugiandosi in materia meno controversa rispetto a quella di Douglas P. Niente di nuovo, quindi, ma possiamo affermare che l'album in oggetto rappresenta la migliore uscita dei Sol Invictus da 'In The Rain' a questa parte sia sul piano compositivo, sia su quello esecutivo in quanto i brani risultano compatti, intensi, ed il lavoro svolto da Wakeford, nonché la sua voce, finalmente ritornano a non fare a pugni con l'incertezza degli ultimi tempi. Pessimismo, misantropia, critica sociale, trambusto esistenziale fanno il resto, che come al solito con pennellate nere dipingono una realtà sempre più sull'orlo del baratro. Un come-back che non aggiunge niente rispetto a quanto detto fino a ieri, ma quanto meno ci presenta una band ritrovata che, pur stagnando artisticamente, riesce a risalire la china con un disco di spessore. Più volte rinviato, ma a ragione visto il risultato.
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