SATAN'S HOST: Virgin Sails
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23/12/2013Il ritorno del figliol prodigo Harry Conklin (qui con lo pseudonimo di Leviathan Thisiren) dietro al microfono (per chi non lo sapesse, ugola di Titan Force e Jag Panzer) ha giovato parecchio agli statunitensi Satan's Host, donando loro una seconda giovinezza e permettendogli di realizzare un monolite incandescente che risponde al nome di "Virgin Sails". Informazioni storiche sul combo sono facilmente reperibili un po' ovunque in rete e di conseguenza non staremo di certo qui a dilungarci con sterili elucubrazioni riguardanti il cammino fin qui intrapreso dalla cult band di Denver dal 1986 ad oggi. Quel che più ci preme rimarcare è la eccezionale qualità del songwriting sciorinato lungo i quasi cinquantacinque minuti di durata di un platter caratterizzato da uno U.S. Metal potente, variegato e mai noioso o prolisso, violento quando serve e al contempo melodico, articolato e catchy in egual misura, atmosferico e comunque mai domo, la cui chiave di volta è da ricercarsi in due fattori fondamentali: lo stato di grazia del lider maximo Patrick Evil alla chitarra (ispiratissimo tanto sul piano dei riff quanto sul versante solistico) e l'estro vocale di Conklin, capace di una estensione sovrumana così come, quando necessario, dello scream più malefico a corollario di una espressività e teatralità che non può non far tornare alla mente il Warrel Dane degli esordi. Altro aspetto degno di nota è il rallentamento dei ritmi rispetto al recente passato, cosa che rende possibile la costruzione di architetture complesse ed affascinanti, molto più consistenti del semplice death/black abbracciato dai Nostri nelle precedenti release, così come pure l'impianto lirico si è finalmente scrollato di dosso le infantilità legate al satanismo a tutti i costi, facendo sparire tutti quei ridicoli ed abusatissimi "Hell", "Satan", "Evil" e quant'altro di più pacchiano possa venirvi in mente, lasciando spazio a testi più ricercati ed articolati. Mai un calo di tensione, mai una caduta di tono o di stile, splendide melodie, ispirati solos, granitici blast beat, alternanza di atmosfere ora epiche e ora minacciose e lugubri: insomma ci sono tutti, ma proprio tutti, gli ingredienti per il perfetto disco Metal capace di scuotervi le budella così come l'intelletto in un infernale (perdonateci!) turbinìo di pogo, headbanging e sudore e se brani come "Island Of The Giant Ants" o "Vaporous Of The Blood" (tanto per citarne un paio a caso) non riescono nell'intento... beh, vuol dire che non avete mai capito un accidente e che probabilmente fareste meglio a darvi all'hip hop.
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