ROSAE CRUCIS: WORMS OF THE EARTH
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28/05/2005Noti ai più tradizionalisti metaller italiani per i loro indimenticabili lavori cantati in italiano (e in particolar modo per quel "Fede Potere Vendetta" che rimane uno dei più esaltanti dischi usciti nella nostra terra), i capitolini Rosae Crucis approdano all'uscita ufficiale dopo quindici anni di onorata carriera. "Worms Of The Earth", seguito dei due promo "Promo '99" e "Bran Mak Morn", è il compimento di un succoso e ben strutturato concept su un racconto omonimo di R. E. Howard (creatore, fra l'altro, di Conan il Cimmero), narrante le gesta di Bran Mak Morn, re del popolo barbaro dei Pitti impegnato a difendere i confini della sua tribù dall'invasore romano. La storia in particolar modo si snoda intorno ai tenebrosi Vermi della Terra, entità aliene sepolte da tempo immemore nel sottosuolo che Bran invoca per sconfiggere i romani e il loro crudele comandante Tito Silla... affrontandone le orribili conseguenze. Detto questo, lo stile dei Rosae Crucis rispetto ai demo si è evoluto in maniera impressionante: se prima i rimandi ai Manowar e agli Iron Maiden erano fin troppo ovvi, in "Worms Of The Earth" si assiste al trionfo di un epic/power metal dalle forti venature thrash, una musica che affonda le radici nella grande tradizione statunitense con i Manilla Road di "Mystification" e i Virgin Steele di "Invictus" come pietre di paragone aggiuntive ai "soliti" Kings Of Metal. Il taglio dei brani è decisamente più aggressivo, per certi versi accostabili al power teutonico meno corrotto di Sacred Steel, Paragon e compagnia: incredibile ma vero, grazie anche a una produzione modernissima e alla notevole prestazione di Giuseppe Orlando (Novembre) alla batteria, forse un po' troppo doppiocassistica ma di irresistibile brutalità. I riff granitici e selvaggi macinati da Andrea "Kiraya" Magini e le epicissime vocals di Ciape (uno dei pochi veri emuli del migliore Eric Adams) completano il lavoro forgiando atmosfere in bilico tra l'eroismo più clamoroso dei bellissimi refrain, l'irruenza selvaggia di strofe spesso aggressive, e i cupi rallentamenti con tanto di riffoni sabbathiani tanto cari alla storica tradizione epic metal. Notevole la perizia con la quale è stato arrangiato il concept, ogni canzone è perfettamente a proprio posto, e anche gli intermezzi narrati (gente tipo i Blind Guardian dovrebbe solo imparare da questo disco) non affiaccano la tensione in un disco molto intenso dal punto di vista emotivo. A dire il vero di brani brutti proprio non si può parlare, al massimo si può distinguere tra le belle canzoni come "Dagon's Moor" o "Black Stone" e autentici piccoli capolavori di metallo epico. Ad esempio la storica "The Justice Of Roma", che a onor del vero cantata in italiano rendeva mille volte di più ma qui riesce comunque a spaccare con la sua overdose di robustissimo e incorrotto power metal, o l'implacabile "Bran Mac Morn" con i riff priestiani a fare da contraltare a pestatissime incursioni in territori thrash, presentissime anche nella vecchia "Worms Of The Earth" (in cui figura anche un ottimo growling firmato anch'esso Giuseppe Orlando). Su toni più rallentati "Escape From Eboracum", tutta giocata su un'inarrestabile terzina d'acciaio che tanto deve ai mitologici Omen, e anche il già classico "Gates Of Abominium", in cui echi doom si mescolano a un epic metal ossessivamente ripetitivo e terribilmente efficace nel descrivere la prigionia dei Vermi nelle profondità della Terra. L'unico difetto di questo disco è una certa omogeneità stilistica (comunque non accentuata), senza scadere nel plagio ottantiano da cui anzi i Rosae Crucis sfuggono grazie a un sound e a uno stile abbastanza al passo coi tempi. In estrema sintesi, il disco funziona e tantissimo: chi adora l'heavy metal più epico e fiero (eppure figlio della propria epoca) non potrà non apprezzare la band romana, che dopo tutti questi anni meriterebbe finalmente la giusta attenzione!
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