PORTRAIT: Burn The World
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17/09/2017I parenti più prossimi dei Portrait sono i Mercyful Fate e King Diamond. Senza alcun dubbio. Lo si evince dal metallo infernale che scaturisce dai solchi di 'Burn The World' (così come dagli album precedenti), e dal falsetto di Per Lengstedt che rimanda con prepotenza a quello del Re Diamante. Ma non possiamo fermarci solo a queste sfumature visto che la band inanella tutta una serie di riferimenti stilistici ben concentrati in un'unica soluzione: anche NWOBHM, qualche approccio death/thrash, ed un'importante preparazione tecnicna di base (a questo proposito, la prestazione dietro le pelli di Anders Persson basta ed avanza). E poche volte il titolo di un disco ed il relativo artwork di copertina hanno dichiarato in maniera netta il reale contenuto di un album. Si, perchè, retorica a parte, qui davvero avverti la sensazione che le fiamme stanno avvolgendo il mondo intero. Furente, rovente, luciferino, 'Burn The World' ti trasporta in una dimensione dove non esiste luce, un posto al centro della terra dove magma e fiamme, rocce incadescenti ed esalazioni gassose costituiscono le attrazioni principali. Ti ritrovi all'improvviso all'interno dello scenario, spettatore dell'incredibile rappresentazione, mentre nello stesso istante paura ed euforia ti assalgono. Spalanchi le mascelle, sbarri gli occhi, accenni ad un sorriso compiaciuto, e nello stesso momento i piedi ti si interrano, e te la fai nelle mutande. Mixato come si faceva un tempo, con gli strumenti che sembrano essere stati registrati nel sottoscala di un condominio, ma ben distinguibili e bilanciati, 'Burn The World' rischia di diventare con inevitabile fierezza una delle migliori uscite in ambito classico del 2017. Lampante e costante cresctia di una band che ha raggiunto ormai una ragguardevole maturità artistica.
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