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ORPHANED LAND: MABOOL

data

08/04/2005
92


Genere: Death-Prog
Etichetta: Century Media
Anno: 2004

Come genere proposto, lassù, in alto alla recensione, ci starebbe uno squillante "non pervenuto". Si, perchè gli Orphaned Land suonano tutto e niente, destabilizzano i punti fermi dell'heavy metal e viaggiano attraverso terre di mezzo mondo calamitando seco ogni paesaggio funzionale alla loro idea di musica pesante per dare vita ad un caleidoscopio sonoro di indicibile bellezza. No, non c'è spazio per il metal canonico. E non ce n'è nemmeno per un sicuro equivocabile filone estremo. Ce ne sono tanti, invece, di spazi e tutti dedicati a vari sottogeneri che convogliano verso un unico intrigante "luogo": "Mabool", il diluvio. Ciò che tutto cancella. Praticamente, il concept lirico è già metafora di quello che si manifesta in note. Death Metal e fughe sospese nel Black, folk mediterraneo e musica mediorentale ed uso benevolmente indiscriminato di strumenti etnico-acustici(a percussione, a fiato, a corde), effusioni gotiche, voce pulita e growl, cori e voci femminili, ed una base che (de)strutturata com'è si staglia ben salda sul concetto progressive, cioè musica in costante evoluzione che non conosce nè metro nè bilancia. E non si pensi che dietro a questa amalgama ci sia una benchè minima dispersione. No, affatto! Gli arrangiamenti figurano calibrati, i frequenti innesti folk sono un diversivo emozionante che affascinano per la loro straripante eleganza misterica, ed il minutaggio, poi, non risulta eccessivo nonostante si arrivi al limite dei settanta minuti. Sensazione, questa, che potrebbe già dirla lunga sulla validità di tanta grazia. Ed il bagaglio tecnico eccelso come quello in possesso della band israeliana, inoltre, consente di coordinare con innata classe ogni singola sfaccetatura che predomina nel disco. E la melodia? Come potrebbe mancare oppure avere un ruolo secondario in questa Torre di Babele musicale(contrariamente, in perfetto ordine)? Le linee melodiche sia vocali sia strumentali sono il fulcro principe attorno a cui la struttura dei brani si dilata in un divenire tremendamente emoziante, ora classicheggianti ora intinte di umori che chiamano in causa un numero sterminato di tradizioni culturali armoniche. E se tutto questo non bastasse, a rendere "Mabool" ancora più interessante (come se ce ne fosse ancora bisogno), c'è un concept stimolante che narra delle tre religioni monoteiste e della loro volontà di persuasione che sarà, infine, spazzata via dall'avvento del diluvio universale.

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