NON OPUS DEI: SEM AL DIAVOL VA PORTI AL MAL
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27/06/2005L'est europeo negli ultimi anni ha saputo sfornare gruppi di valore ma, sopratutto in ambito black metal, anche autentiche macchiette. E' plausibile quindi, quando ci si avvicina a un gruppo proveniente da quelle lande, aspettarsi una sorta di pecora Dolly dei Darkthrone. Arrivati al loro secondo full-length i Polacchi Non Opus Dei (che macchiette lo sono solo per metà) posseggono una duplice anima: una tradizionalista e piuttosto banalotta contrapposta a una più sperimentale e devota alla tradizione popolare slava. Se l'iniziale "About the battle" altro non è che una rilettura dei Bathory del periodo "Blood fire death" e la seconda "Wodan id est furor" è un canonico black metal con tanto di sfuriata in chiusura, la successiva "Slava tehortu" comincia a mostrare il lato più interessante del trio polacco in quanto presenta l'inserimento di strumenti popolari su una base "tribale" ricreando così un'atmosfera sinistra che viene amplificata dal continuo accavallarsi delle macabre linee vocali. Ma il brano che rappresenta al meglio le due anime del gruppo è "Vexilla regis prodeunt inferni", dove si assiste all'evoluzione da un black metal classico ma di indubbio impatto a un sound più disturbante, effetto dovuto da un lancinante stridere di violini e da uno spostamento di Klimorh verso linee vocali più recitate ed evocative. Come disturbante è la conclusiva "Ars Diavoli" dove un fastidiosissimo fischio lega i vari capitoli che formano il brano, rendendo così l'ascolto decisamente ostico. "Sem Al Diavol Va Porti Al Mal" dà la sensazione di un lavoro riuscito a metà, contiene sì elementi che se il gruppo saprà maggiormente valorizzare potrebbero portare a qualcosa di interessante, ma l'effetto deja vu è purtroppo presente, sopratutto nelle parti più tradizionaliste.
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