NIBIRU: Salbrox
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13/09/2019Definire il sound del trio tutto italico Nibiru non è semplice, anzi è magnificamente complesso attribuire aggettivi e parole per questa ennesima perla di sound estremo. Già, perché l’intensità e la capacità di riempire ogni singolo spazio vuoto che potrebbe trovarsi tra le note della loro ultima fatica in studio è l’unica constatazione possibile. Il loro è un rituale tribale vero e proprio, tra psichedelia, drone e ambient, tremendamente angosciante e che rigurgita di fronte a noi emozioni. Viso dal quale note scivolano via dalla bocca, claustrofobico laboratorio in cui aberranti esperimenti prendono vita e stringono alla gola chi, noncurante di ogni legge di natura, era alla ricerca di una conoscenza corrotta, mai paga. Stridore, lento crescendo in cui veniamo dilaniati lentamente, in cui non vi è mai pace, sonorità aspre che tutto consumano. Ribollio di effetti che, come dicevamo poc’anzi, colmano ogni spazio, traboccando bile core, fango sludge nel quale speranze affondano inesorabilmente. Album di lunghezza ragguardevole, di difficile assimilazione, ma che vi assicuriamo appaga ogni palato. Lapilli di psichedelia ci trasportano in universi paralleli, sensi smarriti scricchiolano al di sotto di una mente alienata. Gli effetti di fondo ci riportano indietro nel tempo ed al contempo pulsano di elettroniche citazioni, cerimoniale da cui scaturiscono odio e perverse sperimentazioni. Ipnotiche cadenze strappano anima dal corpo, un trip che termina con sussurri che portano a riflettere, rumorismo che va oltre ogni classificazione e che non può che dare spunti all’ascoltatore più esigente. Non pensiamo si possa parlare di avanguardismo, poiché qui si va oltre anche quel concetto legato talvolta ad un genere, perché i Nibiru si lasciano andare in un tribale rituale che va oltre le comuni enunciazioni. Ci vuole indubbiamente una marcata pazienza all’ascolto, 'Salbrox' non è per tutti, ma ciò non ne sminuisce il valore, anzi ne acuisce le peculiari sofisticatezze. Il passaggio tra una dimensione e l’altra ha lasciato in questa nave presenze occulte che tormentano i naviganti, incubi che danzano nella mente, paure la cui eco diventa colonna sonora di un officiante onnisciente.
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