METALITE: A Virtual World

Ho scoperto i Metalite per caso nell'agosto dell'anno scorso durante una villeggiatura estiva. Era tarda notte, non avevo sonno, e cominciai a bighellonare su YouTube con dei video power metal della mia adolescenza, così, per gioco. Mi imbattei nel video della cover di "Hunting High And Low" degli Stratovarius fatta proprio dai Metalite; una rivistazione moderna, ruffiana, piena di tastiere techno, beat e una splendida voce femminile a condire il tutto, senza tradire lo spirito dell'originale. Per dirla in inglese, "I was bought", e da allora gli svedesi hanno colmato il vuoto che gli ultimi album degli Amaranthe, troppo concentrati sul groove, hanno creato dentro di me. Certo non inventano nulla di nuovo che non sia già stato fatto, la formula è già stata usata un migliaio di volte, ma i Metalite il loro lavoro lo fanno benissimo, complice una sezione elettronica di prim'ordine e una frontwoman bella e brava (che oltretutto sembra in un gruppo metal quasi per caso, aspetto che me la fa amare ancora di più). 'A Virtual World' conferma quanto di buono già fatto in passato, con pezzi ruffiani al punto giusto e perfettamente composti, virando di tanto in tanto nel power metal puro (la title-track, "Peacekeepers"), e provando anche qualcosa di più insolito come "The Vampire Song", una sorta di mid-tempo che è davvero una mosca bianca all'interno del disco, ma che si fa ascoltare con piacere. Non manca l'usuale e banale power ballad, compitino telefonato, e neanche i pezzi più banger come "Beyond The Horizon", "We're Like The Fire" (con un titolo così!), e la conclusiva "Synchronized". Nel bene e nel male, insomma, 'A Virtual World' è come un bel disco pop: non farà la storia, non inventa nulla, ma è godibile e farà felice tutti quelli alla ricerca di un'esperienza sonora semplice e leggera, senza dimenticare i riff e gli assoli.