MANTRIC MUSE: MANTRIC MUSE
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01/12/2012Dopo ben quattordici anni dalla pubblicazione del loro primo EP, i Mantric Muse pubblicano nel 2012 questo loro primo full lenght omonimo nel quale i musicisti danesi confermano tutto il loro amore per certa musica spaziale e psichedelica, qui trattata con una massiccia dose di elettronica ed approccio squisitamente progressivo. Il disco è composto da sette tracce esclusivamente strumentali dove il gruppo mostra una notevole tecnica (certi passaggi sono effettivamente suonati con incredibile fluidità esecutiva) e idee compositive senz'altro interessanti e appaganti per le quali, però, è necessario un ascolto particolarmente attento ed impegnativo. Fin dalla prima traccia, "Nanoid", si ha come l'impressione di essere catapultati all'interno di una sorta di navicella spaziale pronta a raggiungere chissà quali mete sconosciute all'interno delle quali l'ascoltatore non può far altro che farsi risucchiare in maniera avvolgente e silenziosa. Per quanto riguarda il lato prettamente musicale, il pezzo mostra subito una preponderanza per l'elettronica dove gli effetti di tastiera si inseriscono da subito molto bene all'interno degli arrangiamenti, quest'ultimi molto fluidi e puliti, con passaggi di basso e chitarra che mutano in maniera molto sottile e graduale finendo irrimediabilmente per avvolgere e "coinvolgere" l'attento ascoltatore. Se proprio dobbiamo fare parallelismi, diremmo che le influenze sono riconducibili a Jean Michel Jarre e, in parte, ai più recenti Centric Jones. La sucessiva "Sindbad Sofareren" mostra un andamento più rock e deciso con la chitarra elettrica che si prodiga sia in soluzioni "arabeggianti" molto suggestive, sia in passaggi più rarefatti e onirici dove man mano gli arrangiamenti mutano continuamente pelle. Ancora arrangiamenti piuttosto aggressivi in "Cinope", forte di passaggi chitarristici di sicuro impatto in cui l'elettronica con il passare dei minuti prende piede formando un "wall of sound" a tratti molto epico e trascinante (merito anche di alcuni assoli di chitarra davvero molto riusciti). "Sfunx" ha un andamento molto danzereccio e trascinante dove i toni futuristici delle tastiere ben si amalgamano alle linee di basso, sempre molto varie ed articolate, regalandoci ancora una volta una composizione dalle grandi atmosfere. Se con "Azur" non ci sono grossi cambiamenti stilistici, in "Gnoxience" veniamo catapultati in un'altra dimensione grazie anche alle tastiere e agli effetti elettronici che sembrano abbracciarci in maniera davvero dolce e suggestiva. La chiusura del disco è affidata ai dieci minuti abbondanti di "Deep Sea Cheops", un lungo viaggio dai toni quasi New Age e ambientali dove di volta in volta gli strumenti si prodigano in soluzioni strumentali assolutamente affascinanti ed ermetiche: qui la batteria a sua volta costruisce trame ritmiche sempre molto articolate e complesse.
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