LOUISE LEMON: Purge
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15/06/2018Louise Lemon è un’artista svedese dedita ad un sound avvolgente, vicino a generi sperimentali e molto affascinante nei toni. Sfogliando pagine su internet, ci è capitato di vedere che la cantante definisce il proprio sound “death/dark gospel”. Al di là di classificazioni ed aggettivi, è chiaro come il full-length sia di alta qualità, avvicinabile al concetto di post rock, con una forte connotazione malinconica della voce. Il disco ruota indubbiamente intorno alla cantante, interprete di grande sensibilità. C’è una sorta di aurea di fascino nelle note di Purge, un cielo grigio che pare curvarsi mestamente su se stesso, ma che altro non fa che prendere slancio verso un sole terso. Dal dolore così, dal ricordo ferito di un amore perduto, si riparte su una strada irta di difficoltà ma ora fortificati e decisi. L’emozione che ci viene trasmessa è però positiva, scevra di rancori. La tecnica vocale di Louise è innegabile, ma allo stesso tempo pregna di sfumature che ne innalzano la coscienza sino a noi. Non c’è virtuosismo alcuno, nessuna voglia di stupire, solo condivisione. Sentiamo venature blues, calore che si fregia di un’eleganza che abbraccia l’ascoltatore, sentore pop che renderà più agevole l’ascolto anche a chi non ha un palato raffinato o non è avvezzo a determinate ambientazioni. Fruibile ma non per questo banale, l’album scivola via aggraziato, intercalari ambient e ritornelli easy listening si prendono per mano, senza mai oscurarsi o sminuirsi. Siamo immersi in una luce di puro tepore, un’ombra che lentamente si allunga ma che non angoscia, anzi ristora. Minimalismo il suo, che sembra volerci dire qualcosa ma che resta ancora bozza, oltre la quale non riusciamo ad andare. Gesto frenato, astrazione che si fa concreta, ma che fugge in una timida nebbia sospesa. Il tempo ci dirà se Louise riuscirà a fare quell’ulteriore passo per dare incisività che ad oggi, a tratti, latita.
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