KVAEN: The Funeral Pyre

Aggressività e poi epico slancio emotivo sono le punte di diamante degli svedesi Kvaen. Potremmo parlare quasi al singolare, visto che componente della band e polistrumentista è Jakob Björnfot, a cui si vanno ad aggiungere un batterista come sessionista. In questo caso sono ben quattro ad alternarsi, ma il risultato è comunque uniforme. Chiaro che la mente e lo sforzo comune porta l’impronta di Jakob, la cui timbrica vocale violenta, vicina ai Nagflar, ben si struttura intorno a sfumature che hanno un non so che di pagan. Immortal, Dissection  e poi quel continuo ardere interiore dei Dark Funeral, sono i paralleli che possono aiutare a capire l’ispirazione dell’artista. Gelo si conficca nel cuore, arti rattrappiti che improvvisamente si muovono, dapprima ferendoci, per poi accompagnarci in una cavalcata alla cui fine si intravede un tiepido sole albeggiare. Sublime lavoro delle chitarre, con suoni che ne esaltano la genuina primordialità. Gli stacchi poi più melodici della medesima non si discostano dal concetto di black, non avvicinandosi mai al progressive o all’ avanguardismo, restando fedeli ad uno spirito che molti amanti della old school apprezzeranno. Occhi loschi, un candore inizialmente spezzato e poi ricoperto da una coltre di neve, bufera che lascia solo dei contorni a spiccare su un cielo plumbeo. La luce della luna si intravede in un susseguirsi di cambi di ambientazioni e linee melodiche che denotano competenza tecnica, sensibilità e passione per un artista che ci sa emozionare. Un lupo ulula in sottofondo, commozione che corre via in una contemplazione di un paesaggio nordico, in una cornice tanto famigliare quanto intrigante. I Kvaen non inventano nulla di nuovo, ma il cuore trabocca di sentimento e non possiamo allora che stimare Jakob Björnfot. Auspichiamo questa sia la prima di una lunga fila di uscite, full-length da non lasciarsi sfuggire.