KENZINER: Phoenix
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26/06/2020I Kenziner sono una band che nel corso degli anni sembra avere la tendenza a scomparire e poi ricomparire: autori di due album alla fine degli anni '90, fanno perdere le proprie tracce per poi ritornare nel 2014. Adesso è giunto il momento di riapparire con un nuovo lavoro, che assai significativamente, visto il decorso del gruppo finlandese, si intitola "Phoenix". La band suona un roccioso power dalle tinte neoclassiche, fortemente ispirato da Stratovarius e Royal Hunt, costruito attorno ai riff decisi del chitarrista Jarno Keskinen, ai tappeti atmosferici del tastierista Ariel Perchulk, nonchè ai dirompenti assoli dei due musicisti, autori di autentici duelli all'ultima sembiscroma. Molto bravo il cantante Peter Zalesky, dotato di una voce alta ma allo stesso tempo potente, più vicino ad esempio ad un Russell Allen che non a Timo Kotipelto, giusto per rendere l'idea. Non ci ha del tutto convinti, per contro, la sezione ritmica, che tende ad essere un po' monotona in tutti i brani, mentre non sarebbe guastato un pizzico di fantasia in più. Ad ogni modo, dovrebbe comunque essere chiaro ormai che lo stile dei Kenziner non brilla certo per originalità, però Keskinen è riuscito comunque a costruire una tracklist credibile, che funziona grazie a brani molto compatti ed equilibrati, alcuni dei quali (sicuramente "Eye Of Horus", "Osiris Rising", "Curse Of The Pharaoh") ispirati a tematiche legate all'antico Egitto. Nel finale c'è anche spazio per una power ballad, "The Miracle", nella quale la band si cimenta con un approccio più atmosferico. In conclusione, "Phoenix" è il classico album certamente non imprescindibile, ma che riteniamo possa soddisfare chi ama il genere.
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