KANSEIL: Fulìsche
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31/07/2018E’ sempre un piacere incontrare realtà musicali italiane, soprattutto quando le stesse ci parlano della nostra cultura. Tradizioni che ci appartengono, sussurrate con i dialetti e l’empatia delle terre natie. Vi presentiamo allora i Kanseil, veneti, alfieri di un folk metal dai connotati death, a metà tra Folkstone e Delirium X Tremens. Personalità spiccata la loro, sia a livello testuale, sia di strutture, full-length intenso, sia per quanto concerne il lato estremo, sia per quello più atmosferico. Le chitarre, a tratti “slabbrate”, tessono trame ruvide, polvere di montagna che si alza al passaggio di fieri popoli, cornamuse che riscaldano come tiepido raggio di sole al tramonto. C’è davvero una fortissima dose di genuinità e passione in 'Fulìsche', album che trasuda di pagani sentori, radici che si alimentano di quella storia che i più anziani vogliono tramandare, a cui troppe volte le nuove generazioni non vogliono porre attenzione. Sacrificio, sudore, onestà e soddisfazione di un cuor leggero, senza compromessi. Così ci vogliamo immaginare questi artisti, che con trasporto pieno e incondizionato ci parlano di ciò che li circonda, senza riserve. Il disco corre tra il death e il folk, il tutto in un’epica essenza pagan invidiabile anche per i più navigati del filone. Come troppe volte accade si casca nell’essere cloni delle realtà del nord Europa, ma questo non è il caso dei Kanseil. Epici crescendo lasciano spazio a sfuriate che sfiorano anche il concetto di black, odore di terra e polvere che dalla montagna si posa sul verde che ne veste le valli. Foglie secche, rami spezzati e poi cenere, fuoco intorno al quale voce rassicurante ci racconta lentamente pensieri di un quotidiano amore. "Serravalle" è l’esempio di come non sempre i ragazzi pigino sull’acceleratore, romantica digressione che pulsa di un sentimento serale, della quiete prima di un sonno ristoratore. In un mondo in cui troppe volte si vuol correre, guardare avanti calpestando ciò che invece dovrebbe essere riscoperto, 'Fulìsche' diventa l’inno al voler rallentare, presa di coscienza, forza che dalle proprie origini prende ancor più nerbo e forma. Complimenti ad artisti coraggiosi, alla loro voglia di mettersi in gioco con spontaneità e sentimento unici.
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