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INFERNAL MAJESTY: ONE WHO POINTS TO DEATH

data

14/08/2004
63


Genere: Thrash Metal
Etichetta: Black Lotus/Audioglobe
Anno: 2004

Tornano a farsi vivi i canadesi Infernal Majesty, il cui ultimo vero studio work risale al 1998. Attiva fin dalla seconda metà degli anni ottanta, la band non ha cambiato di una virgola le coordinate sulle quali puntare le proprie armi: puro thrash metal old school. Ovviamente il suddetto quintetto non passerà certo alla storia per originalità, perchè in effetti la proposta degli Infernal Majesty è saldamente ancorata a quello che era il thrash quindici anni or sono; nonostante ciò questo "One Who Points To Death" è un lavoro tutt'altro che disprezzabile, perchè carico di energia e soprattutto di valide composizioni. L'opener "Death Of Heaven" è un inizio più che valido: oltre sei minuti di thrash sporco e cruento che non lascia adito a dubbi sulla validità del combo nordamericano. I suoni non sono il massimo in verità, ma ciò credo sia studiato a tavolino, per conferire al tutto quel sapore ottantiano, che per una thrash metal band non guasta mai. "Angels And Acid" è un altro brano che merita la giusta considerazione: dopo una parte introduttiva dall'incedere molto sincopato, la discreta capacità espressiva degli Infernal Majesty può emergere con forza grazie ad un riffing ispirato e a suggestive accelerazioni, che vedono in primo piano una compatta ed agguerrita sezione ritmica. Anche altri brani ("Hysterion Proteron", "Cathedral Of Hate") raggiungono tranquillamente la sufficienza, mentre va oltre il sei politico la conclusiva title-track, un intricato assalto sonoro basato su un tupa-tupa frenetico e scostante, spesso messo in disparte a favore di soluzioni meno arrembanti ma più oscure. In tutto oltre quarantacinque minuti di puro thrash metal, che scorrono attraverso le influenze tipiche del genere (Slayer, come sempre, ma anche Destruction), alternando episodi più riusciti ad altri più sottotono. Un appunto in chiusura a chi si è occupato dell'aspetto promozionale dell'album: non è forse un po' avventato (e ridicolo) dire che questo è il miglior album di US thrash dai tempi di "Reign In Blood"?

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