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IMMORTAL: PURE HOLOCAUST

data

02/03/2005
100


Genere: Black Metal
Etichetta: Osmose
Anno: 1994

La storia del black metal passa prepotentemente da qui. Limitativo, sommario, banale, ma terribilmente vero. Uno dei 4, 5 dischi più importanti del genere, e probabilmente il lavoro meglio riuscito del duo di Bergen. Trovare parole semplici per descrivere cotanto capolavoro non è lavoro facile. Immaginate il suono del vento, il suono del vento gelido in una notte altrettanto gelida, il suono di un vento che vi penetra le carni, il suono di un vento che violenta la vostra anima, il suono del Male stesso che ulula in una gelida e magica notte. Nel vostro cuore e nel vostro corpo solo sensazioni di freddo estremo, così intenso e perfido da bruciarvi persino, da farvi male e da spezzarvi in due, piegandovi alla sua intrattenibile furia distruttrice. Il vento di un olocausto spietato e implacabile. Freddo, male, dolore e morte. Questo è quanto troverete in "Pure Holocaust": una produzione unica nella storia del black metal, inimitabile ma costantemente presa come punto di riferimento, che valorizza il sound tagliente e glaciale di voce e chitarra, e guadagna in atmosfera quello che perde in nitidezza e definizione. Un disco continuo, incessante, assolutamente monolitico, che ci propina una serie di irresistibili blastbeats intervallati da mid tempos battaglieri e stacchi in cui le inconfondibili chitarre/motosega la fanno da padrone. Pezzi dalla struttura lievemente lineare, costruiti su ritmiche assassine e "melodie" (se di "melodie" si può parlare in un contesto di distruzione totale) sempre vincenti e assolutamente atmosferiche, avvolgenti nella loro atroce violenza invernale. In poche parole, l'apoteosi dello sbandieratissimo e celeberrimo "Immortal sound" della prima ora. Il maggiore punto di forza del lavoro è senza dubbio rappresentato, oltre che dalla voce gracchiante e inconfondibile di Abbath, dall'incredibile guitarwork di Demonaz. Riff mai sentiti prima d'allora, suonati a velocità impossibili, con un sound che non ha nulla di umano. Tra fraseggi apparantemente melodici come quello di "The Sun no Longer Rises" e agghiaccianti pattern ritmici come quello della title track, si nota nel modo di suonare la chitarra di quest'uomo qualcosa di geniale, qualcosa che ha reso unici i primi Immortal rendendo giustizia al loro altisonante nome. Non è più una chitarra a suonare, è lo stesso vento freddo di cui si parlava all'inizio a ululare spietato le sue nenie di morte. Ovviamente la batteria suonata da Abbath in maniera più che adatta a questo lavoro (che non richiede certo doti tecniche di rilievo), non fa che valorizzare l'incredibile lavoro delle chitarre, con i tempi assassini e incessanti di cui si è già parlato. Come già sottolineato, ha poco senso distinguere singole canzoni, il fronte d'assalto è continuo ed omogeneo, senza troppe divagazioni, e anche in questo sta la forza di un disco che non lascia scampo e raggiunge pienamente il suo obiettivo: nonostante l'estrema velocità esecutiva e l'impatto sonoro assolutamente aggressivo, questo non è infatti un disco che colpisce per la violenza, quanto per il suo comunicare sensazioni assolutamente pure, il suo essere un lavoro "d'atmosfera", che coinvolge, trasporta via in regni gelidi e perversi, ma non con la purezza glaciale con cui lo farà il suo successore. No, no, Pure Holocaust è ancora un lavoro contaminato dal male del Black Metal, iniettato di nero sangue e perversa malvagità. Non c'è pietà, non ci sono momenti easy, epici o evasivi, soltanto un viaggio in un mondo disperato e devastato dal freddo assoluto.

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