GRIS: À l’Ame Enflammée, l’Ame Constellèe

Per descrivere questa vera e propria fatica discografica dei canadesi Gris, potremmo buttar giù decine di righe con dentro gli aggettivi più disparati, soffermandoci sulle tante diverse sfumature sonore che compongono questo lungo e magnifico viaggio intitolato 'À l’Ame Enflammée, l’Ame Constellée…'. Dopo sei anni dal loro primo disco molto vicino al filone depressive black di band come Austere, e dopo la parentesi Miserere Luminis insieme a l’amico Annatar (Sombres Forets), il duo composto da Neptune e Icare crea questa opera imponente di ben 80 minuti, con dieci brani intensi e persuasivi, sempre in bilico tra l’oscurità e la luce, la quiete e la tempesta, dove visioni post black metal ai confini con l’avant-garde si uniscono alla dolcezza ed alla classicità di arpeggi chi chitarre acustiche, violini e violoncelli, parti di piano sottili ed un lavoro di basso grandioso, volutamente sottolineato in fase di produzione. Ci sono pezzi di lunga durata dove troverete tutto ciò appena descritto, alternati a song strumentali a tratti quasi folk, sempre dal sapore decadente e malinconico, caratteristiche che irrompono di continuo durante l’ascolto. Andare a cercare paragoni non sarebbe di vitale importanza perché il disco è di assoluto livello, ma se lo facessimo bisognerebbe scomodare ottime band anche diverse tra loro, come ad esempio gli A Storm Of Light nelle parti più pessimistiche ed evocative, o i primissimi Opeth nei tanti inserimenti di chitarra acustica, arrivando fino agli Agalloch per chiudere al meglio il cerchio. Difficile citare qualche brano perché, se non l’aveste ancora capito, quello che vi aspetta è un lungo viaggio riflessivo e malinconico, ricco di emozioni sottoforma di note, che vi cadranno intorno come foglie in un bosco d’autunno.