GIUNTINI PROJECT: III
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05/05/2006Un'esplosione di adrenalina, potenza e pura classe. Non saprei come altro definire quest'album, frutto della mente di Aldo Giuntini, chitarrista italiano dotato di un gusto musicale non comune. Un lavoro profondamente influenzato dai maestri del passato che si colloca a metà tra l'Hard Rock di Rainbow e Black Sabbath e l'Heavy Metal di Ronnie James Dio. La tecnica di Giuntini non è mai fine a se stessa: i suoi riff e i suoi assoli lasciano sempre il segno, accompagnano la voce immortale di Tony Martin, diventano ora granitici ora avvolgenti, penetrano nelle orecchie di chi ascolta, si trasformano in gemme preziose da non farsi scappare. La devastante opener "Gold Digger" è un esempio della maturità artistica raggiunta dal chitarrista italiano: un brano eccezionale, trascinante, imperdibile. La conferma della classe di Giuntini ci viene da "Que Es La Vida", rocciosa, cadenzata, cupa, fantastica. Ma ogni brano su questo "III" ha qualcosa da dire, che si tratti della cover Sabbathiana di "Anno Mundi", delle strumentali "Tutmosis IV" e "Memories In The Sand" (quest'ultima uno degli episodi migliori del disco) o di pezzi come "Disfunctional Kid" e la conclusiva "Tarot Warrior". Non bisogna dimenticare che buona parte del merito per la riuscita di questo lavoro va a Tony Martin; l'ex Black Sabbath si esibisce infatti in un'interpretazione magistrale, strappando applausi a scena aperta in più passaggi. Così come non va trascurata la sezione ritmica di Fulvio Gaslini e Ezio Secomandi, che accompagnano in maniera precisa e potente le evoluzioni chitarristiche di Giuntini, e l'ottimo lavoro alle tastiere di Dario Patti. Sono passati sei anni da "II" (ripubblicato dalla Frontiers per l'occasione), e il "Giuntini Projects" è migliorato ancora. Non perdetevelo.
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