FINAL AXE: Beyond Hell’s Gate
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26/04/2010Introdotti da quella che pare una perfetta colonna sonora per un musical sul Canto di Natale dickensiano, i metallers americani ripropongono, grazie alla Retroactive, il loro debut del 2005 rimasterizzato, remixato, in parte risuonato e con un nuovo artwork. Nonostante l’elevato numero di tracce presenti, più che di album si potrebbe parlare di e.p. vista la sua esigua durata (superiamo di poco la mezz’ora) ed, escludendo l'intro già citata e altre due tracce d’intermezzo (una addirittura è un solo di batteria!), ci troviamo di fronte ad un disco di heavy metal che corre veloce quasi come se si trattasse di punk. La differenza sostanziale, a parte i suoni ripuliti, e quindi più limpidi, di questa edizione rispetto all’originaria è la presenza di un vero batterista (Robert Sweet della christian band americana degli Stryper), a dar man forte al gruppo al posto della semplice drum machine. Come suonano i Final Axe? Il loro è un heavy metal che guarda più ai Judas Priest che non agli Iron Maiden e che, almeno in questa nuova versione, appare rinforzato da riffoni più assimilabili al thrash metal. Le vocals gutturali di Keith Miles mostrano velocemente la corda e contribuiscono all’impressione che emerge sin dal primo ascolto di 'Beyond Hell’s Gate', ovvero di trovarsi di fronte a dieci canzoni che si assomigliano tutte tra loro, troppo brevi e poco sviluppate. Le lirycs, come da copione, trattano tematiche cristiane e l’album ha il suo unico sviluppo nel groove infuso dal batterista Sweet a composizioni altrimenti piatte. Nulla di che, insomma: la Retroactive ha voluto riportare alla luce, nella sua forma definitiva, il debut di una band perfetta per gli amanti del più classico heavy metal senza frizzi, né lazzi.
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