CRADLE OF FILTH: THE PRINCIPLE OF EVIL MADE FLESH
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24/04/2003In una giornata di maggio di dieci anni fa mi stavo svagando leggendo una rivista metal, quando m'imbattei in un report sulle bands emergenti in ambito estremo. Il mio occhio cadde su una foto che mi colpii da subito, non so perchè ma quell'immagine mi trasmetteva la convinzione di una band di cui mi sarei innamorato, tanto che prenotai il disco, non ancora importato in italia, dall'allora attivissima Nosferatu Records. Quando, dopo un mese, ebbi tra le mani "The Principle Of Evil Made Flesh", rimasi folgorato; i Cradle Of Filth questa sconosciuta band inglese, avevano partorito un disco fenomenale, dove black e death più tecnici e ricercati, il metal di Iron Maiden e Mercyful Fate, gothic, musica classica e un intero concept satanico venato di oscurità e sessualità morbosa, convivevano naturalmente.
Il cd in questione era il debutto della band, che dopo una sfilza di bruttissimi demos (l'unico valido l'ultimo "Pure Fucking Darkness") all'insegna di un rozzo e noioso death tecnico era giunta al debutto con la label Cacophonous Records (anch'essa esordiente nel mercato metal). I Cradle Of Filth erano un autentico fulmine a ciel sereno, in un panorama black allora basato interamente sulla affermata scena norvegese, i sei inglesi arrivavano come un tifone a spazzare via ogni forma prestabilità: nella loro musica, lunghe suites estreme vedevano chitarre velocissime, capaci di placarsi in tristissimi quadri di decadente morbosità (ad opera di Paul Allender e Paul Ryan) momenti di quiete con dolci recitati femminili (dovuti ad Andreas Meyer consorte di Samoth degli Emperor) alternati a sfuriate belluine destinate a sprofondare nel gothic più oscuro (grazie alla guida ritmica di un Nik Baker già disumano all'esordio su disco) il tutto squarciato da nobili pianoforti ed eteree tastiere del geniale Benjamin Ryan. A questo andava aggiunto un vocalist (Dani Filth) studioso di letteratura inglese e capace di fondere odi sataniche, al romanticismo decadente e a figure tradizionali e mitologiche dell'occulto, ma soprattutto autore di una performance vocale sconvolgente, basata su screaming black, growling, recitati dall'oltretomba e grida belluine: in pratica una versione estrema di King Diamond e Diamanda Galas.
Con queste credenziali "The Principle Of Evil Made Flesh" non poteva passare inosservato, infatti dopo un mini tour inglese (in concomitanza con l'uscita del disco) insieme agli Emperor, le recensioni entusiastiche ed il passaparola dei fans, fecero diventare la band la new sensation in ambito estremo. Non contento di ciò lo scaltro Dani, volendo sfruttare l'onda del successo del black norvegese, rilasciò una serie d'interviste dove rivendicava il carattere puramente black dei Cradle Of Filth e l'indole satanica del gruppo; ma in realtà la band era ben lontana musicalmente dal black più classico come poteva essere quello dei Darkthrone o dei Satyricon, avendo una spettro musicale molto più ampio; così come l'ideologia satanica era solo una componente del concept dei sei inglesi affascinati più dalla decadenza romantica e dalla sessualità morbosa del vampirismo, che da crociate anti cristiane. Ciò non toglie che queste dichiarazioni crearono una serie di critiche ed accuse alla band, che ancora oggi viene attaccata per la sua presunta commercialità e non aderenza ai canoni del black più classico.
Ma al di là di questo "The Principle Of Evil Made Flesh" è un disco inattaccabile, già dalla cover si respira un aria di malvagia lussuria, poi confermata dalla musica: le bordate soniche della title track e di "A Crescendo Of A Passion Bleeding" vengono fuse in maestose melodie di rara bellezza, le stesse che squarciano l'immortale "The Forest Whispers My Name" e "To Eve The Art Of Witchcraft" (segnata da accompagnamenti d'organo in stile bachiano da brivido); in Black Goddess Rises" sembra di sentire i My Dying Bride in versione black, mentre "Summer Dying Fast" si sacrifica sull'altare di una melodia immortale, chiudendosi in un finale etereo da lacrime agli occhi. Un discorso a parte va fatto per "A Dreams Of Wolves In The Snow" con ospite Darren White (primo vocalist degli Anathema) una breve poesia musicata in maniera sublime e per "Of Mist And Midnight Skies" che aperta con una citazione della "Fuga In Re minore" di Bach, si trasforma in una intricata suite dai mille risvolti emozionali. I vari brani sono poi intervellati da numerosi intermezzi strumentali volti a spezzare la tensione e dar fiato all'ascoltatore, di fronte a questo turbinio di note.
A fronte di centociquantamila copie vendute in soli due anni, "The Principle Of Evil Made Flesh" rimane ancora oggi un classico irrinunciabile del metal estremo, un nuovo modo di fare black da molti rivisto o copiato, certo in futuro i Cradle Of Filth faranno anche di meglio, ma questo esordio conserva una maligna magia che non verrà mai più ripetuta.
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