COUSTEAUX: Cousteaux
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19/11/2017Mi pare di capire che i disciolti Cousteau, quelli di quel capolavoro che fu "The Last Good Day Of The Year" di inizio millennio, si sono riformati lo scorso anno, aggiungendo al nome una X finale. Della formazione originale sono rimasti solo Davey Ray Moor e Liam Mac Kahey. Il nuovo disco, uscito per la Palm/Pictures Edel, è un lavoro d'atmosfera piuttosto oscura, ed a volte la voce del cantante ricorda David Bowie nella versione più cupa, con qualche maggiore tendenza ai crooner. Si tratta di un cd assolutamente godibile, da ascoltare in una placida serata calda d'estate (la prossima…), ben suonato, ben arrangiato. I brani sono prevalentemente lenti, con il pianoforte, la tromba e il contrabbasso che la fanno da padroni. "The Innermost Light" (con la collaborazione del chitarrista Carl Barat dei Libertines) sembra uscito da un film di James Bond quando lo interpretava l'immenso Sean Connery; un blues-beat inquietante e cadenzato, con venature trip/dream pop che riprendono un po' il discorso iniziato dai Portishead o dai Broadcast a inizio anni 2000. Potrebbe dirsi lo stesso per due altri brani molto belli: "Portobello Serenade" e "Shelter". Una nota particolare per "This Might Be Love", canzone con un bel arpeggio di chitarra e un ritornello che non ti aspetti rispetto alla strofa. Tutto sommato i Cousteaux non sono facilmente etichettabili in un genere, essendo una band piuttosto eclettica e versatile: si prende un po' dagli anni '60, ed in un viaggio che copre quattro decadi, si rifrulla tutto con sonorità che rimandano all'indie, al trip hop, persino al cool jazz.
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