CHINA: Light Up the Dark
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18/03/2011Quindici anni di attesa sono tanti, troppi. Per una band che con l'album omonimo ed il successivo 'Sign In The Sky' stava tracciando un glorioso ponte tra Europa e Stati Uniti a cavallo della fine degli anni '80 e inizio '90, per poi perdersi durante il cammino. Si erano appunto fermati nel 1995 con Natural Groove, con grande curiosità si ha l'ardore di capire se sono ancora loro, se sono ancora in grado di offrirci grande musica. Claudio Matteo è l'anima ed il cuore pulsante del progetto; oltre alla sua sei corde è il valore di questa band da lui creata, plasmata e protratta nel tempo. Eric St. Michaels è la voce che ha contraddistinto la band durante l'intera carriera ad eccezione del disco d'esordio, un vero fenomeno che avrebbe dovuto avere i suoi natali sulla West Coast per la timbrica e l'attitudine profuse. Prodotto in modo quanto meno spettacolare, questo 'Light Up In The Dark' ci trascina per il potente hard rock colmo di melodia ed ottimi riff, per la sua dolcezza nel caso dei brani più posati e tranquilli. Non si urla al capolavoro, si urla però ad un disco di pregevole fattura con una parte centrale particolare, fatta da richiami ai Cheap Trick di 'I Want You To Want Me' in "On My Way", che tra l'altro vede duettare Eric con quel grande tamarro che è Mark Storace, e ballate quasi alla Danger Danger misto ai Firehouse in "Gates Of Heaven". Pezzi più tirati come l'opener, oppure più commerciali come "Lonely Rider" rendono più che piacevole il trascorrere dei pezzi. La più riuscita è però "Stay" che richiama un po' i Poison (Kotzen era) nell'intenzione del pezzo e nell'apertura sul chorus. Un disco onestamente inaspettato per la sua compattezza, per l'altissimo valore qualitativo e classe palesata; grandissima prova per il retrò del tipo di brani come idea, e per la modernità cui i cinque rosso-crociati sono riusciti fondere il tutto. Paragoni con i Krokus e Gotthard? No, semplicemente sono i China.
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