CHICAGO: Born For This Moment
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19/08/2022Impossibile fare un confronto con la discografia passata senza farsi coinvolgere in rapporti di pseudo parentela con la band inizialmente definita band rock & roll con i fiati! Ad ogni modo la definirei ancora "entità Chicago"! Ben 37 progetti discografici alle spalle; ogni progetto suonato e composto da una squadra sempre numerosa e diversificata, ma sempre rappresentata da un unico profilo/logo, o meglio da un suo mood tipico, basato sul gioco dell’improvvisazione (ma per nulla lasciato al caso). Dal 1969 ha sperimentato più linguaggi, rivisitando quello che man mano impreziosiva il suo essere; quel sound tipico sopravviveva alle partenze dei suoi membri chiave e comunque, continuava a miscelare una solida sezione di fiati, ad un proprio stile di produzione e di scrittura, sempre più contemporaneo. Nel tempo, un percorso sempre più pop e con primavere sempre più tarde ad arrivare (2014: Chicago XXXVI, 2019: Chicago XXXVII). Il Trentottesimo viene presentato con un primo singolo, “If This Is Goodbye”, che è una filastrocca musicale da schioccare con le dita; sembra quasi voglia raccontare i rapporti musicali che si sono instaurati in ogni produzione passata. Traccia oltretutto scritta da terzi, dal produttore e da altri artisti: ecco perché parlare di entità. Solo tre superstiti della formazione originale: Lamm, Pankow e Loughnane. Qui l’ingresso vocale di Lamm con voce black a rimarcare il ritornello. È un album che vuole ripercorrere la propria storia con citazioni, rimandi al proprio passato, con una chiave prettamente vocale: una voce principale tenore che primeggia, e interventi, intrecci e armonie vocali dalle retrovie (da fuoriclasse). Certo, presenta delle fragilità! Manca l’autista intraprendente, la guida della batteria (Danny Seraphine o chi per lui che spesso personalizzava e movimentava il sound, richiamando a sè i fiati). Qui spesso la drum machine ha un andamento continuo, privo di cambi. Però si passa da swing, al pop, al funky, atmosfere latine, il tutto con un basico smooth sound alla Paul Stanley’s Soul Station. “Born For This Moment” ne rappresenta l’essenza: raffinata e sfuggente. La maglia n. 10 la indossa il nuovo singer Neil Donell, musicista di sessione (Brass Transit). Il canadese si presenta con la delicatezza vocale di James Taylor, ma con dodici corde nella sua voce (ed infinite note), un’estensione di quattro ottave, la dolcezza vocale di Steve Perry; è abile nel creare vie di fuga con i suoi passaggi vocali, e con la sua attitudine jazzy, riesce a conferire aria alle melodie. Ma andiamo nel dettaglio di questo n. 38: “Firecracker”, dal forte potere pop, un soul bianco soft funky è un omaggio a "Sledgehammer" di Peter Gabriel (1986). La traccia più melodica, “Someone Needed Me The Most”, mi evoca strascichi d’infanzia. Voci e cori sembrano un tutt’uno. Lamm nei controcori finali mi ricorda Steve Wonder in “Ebony And Ivory” (living in perfect harmony) e quel suo cantare sempre più in alto, quasi a voler raggiungere il cielo, e non solo con la mimica facciale, ma con un ritmo al rallentatore. L’ingresso acustico di “Out New York Time” è un chiaro omaggio a loro stessi (1969), “Beginnings” (e chi se lo dimentica quel mix coeso di arpeggio, percussioni e tromba). Riflessioni da padre per Neil Donell, stracolmo di emozione, in “Safer Harbours”, speranzoso di un futuro sereno ed illuminato per i propri figli (un cielo senza lacrime, il vento li trasporterà e attraccheranno in porti sicuri). Fiducioso anche nella calda espressione vocale, traccia molto bella per le orchestrazioni dei fiati. Ventata fresca e leggera con la composizione pop/funky di Jim Peterik in “Crazy Idea”. Altro rimando (qui forzato alla maestria delle sei corde di Terry Kath) l’assolo di chitarra in “Make A Man Outta Me”: fuori posto in questa traccia, non amalgama con il resto. Duetto vincente il basso e la chitarra da The James Taylor Quartet (Starsky And Hutch) in “She’s Righ”, peccato per Lamm in un errante Joe Cocker, sembra quasi forzare la voce per renderla più ruggente (chissà live se renderà). Perfetta invece, in “The Mermaid Sereia Do Mar”, che inizia come “Don’t You Worry About A Thing” (Steve Wonder). Melodia bossa nova, composta da Marcos Valle, compositore brasiliano e deliziosamente arrangiata dai Chicago: è come una colazione per strada, sedie di legno, tavolini francesi, cappuccino e sfoglie varie! (un rimando soft alla salsa energica di “Mongonucleosis” in ‘Chicago VII’). Ancora viva la grazia ed il talento dell’entità in “For The Love”, combinazione dei violini con chitarra acustica, in chiave moderna. Quindi, se amate gli intrecci di voci di eccellenza (America, CSN, ARS) potreste scoprire con il 38° album, che non si può avere tutto, ma “qualcosa” è ancora possibile.
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