ARCH ENEMY: Will To Power
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21/09/2017Gli Arch Enemy si sono indubbiamente costruiti un consistente seguito. Questo non ha impedito loro di raccogliere anche una certa quantità di critiche per via della direzione stilistica intrapresa, critiche che non si possono almeno in parte non condividere. Michael Amott si è da troppo tempo adagiato su una formula di successo che è evidentemente troppo comoda per essere lasciata per altro. La ricetta è quella sperimentata con successo ormai da tempo: un melodeath che diventa sempre più melo, attraverso quella che è forse l´ultima intuizione innovatrice dell´ex Carcass, ovvero affidare il microfono ad una donna capace di "cantare" il genere, i vocalizzi del death. Il ritmo è per lo più sostenuto, anche se non mancano passaggi mid tempo che aggiungono un po' di varietà, raramente abbastanza. Non si può negare la competenza e la perizia di Mike Amott. Si può viceversa contestare la banalità delle sue composizioni. Le strofe sono apprezzabili per riff e impatto, ma i pezzi finiscono rovinati da ritornelli in pieno stile flower metal. Il chitarrismo di forte influenza maideniana, che caratterizza il melodeath, si fa qui a tratti quasi malmsteeniano. Non basta una frequentissima doppia cassa e il growl di Alissa White-Glutz a riscattare tutto ciò che è melenso, di death nel complesso c´è abbastanza poco, oltre la facciata. La cantante non vale Angela Gossow, non ne possiede la ferocia. Ma nei rari momenti in cui può mostrare la sua vera voce, si nota che ha della qualità, ricordando la eccellente Cathrine Paulsen dei Trail of Tears. Peccato non sia l'ambito adatto a dimostrarlo, non per niente questo accade in una improbabile ballad che ricorda Doro Pesch piu di ogni altra cosa. La popolarità degli Arch Enemy non deve spingerci nè ad essere duri, nè indulgenti. Si tratta di un lavoro ben eseguito, di buona fattura, purtroppo di un genere troppo banale e dozzinale per il suo bene.
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