ABSENTIA LUNAE: HISTORIA NOBIS ASSENTIETVR
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30/07/2009Splendida carriera fin’ora, quella della band triestina. Cominciata nel lontano 2002, dopo due anni incidono la cruda demo 'Marching Upon Forgotten Ashes'. Non facendo aspettare molto al pubblico, debuttano ufficialmente con il violentissimo 'In Vmbrarvm Imperii Gloria', black ferale, dai suoni più primordiali. Non tanto consacrazione, quanto definitiva conferma del loro ottimo stato, rappresenta questo disco, dopo tre anni di attesa, in cui la band avrà sicuramente promosso il disco precedente e scritto i brani per questo graditissimo ritorno. È un’intro davvero d’effetto, quella che ci introduce al primo effettivo brano di questo nuovo lavoro. Un black tiratissimo come sempre, tenuto a bada dalla voce ispiratissima di Diego (che ha suonato anche negli Aisling). Le parti di batteria di Jan Benkwitz (ex-Belphegor), sono davvero eccellenti, sia nei momenti tirati che in quelli più ricercati. L’opener finisce nella piena tradizione AL, intingendo il finale in un lugubre marziale riff oscuro. I testi in italiano fanno la loro figura in tal contesto (poi ci criticano affermando il contrario!), ed intanto il disco continua a diventare sempre più interessante, grazie allo stacco improvviso di "Nel Gelido Sentore di Un Eterno Addio". Alcuni momenti, proprio come questi, mi ricordano a tratti i tipici stacchi schizzati dei mitici Mater Tenebra (chi non li conosce, recuperi immediatamente 'Sangue'). "L'Urlo ed il suo Illuminante Eco" invece ci presenta la band più nervosa di prima, in un quadro musicale ben più marcato da attimi più lenti e breaks particolari, soprattutto per i grandiosi patterns di batteria presenti. È un disco che stupisce per gli innumerevoli spunti che presenta al suo interno, dove la "titletrack" ("Nel Segno dell'Ariete la Storia ci darà Ragione"), abbraccia con sé tutte le caratteristiche, che vi ho fin’ora descritto: velocità, tecnica, classe, e voglia di osare. MZ alle parti elettroniche fa il suo dovere nell’intro, e in questa traccia, così come in quella di chiusura, disturbando a dovere il brano, che già di per sé è un vero e proprio inno alla violenza d’elite.
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