KAYLETH
Chi bazzica nell'underground italiano da qualche anno a questa parte, se si sente parlare di space-rock si suppone che la prima band che viene in mente siano i Kayleth. La band veronese è tornata in pista con un album dal titolo, '2020 Back To Earth', che in questo preciso momento potrebbe dare adito a facili commenti, e non sempre intelligenti. Rimane però una costante: l'immutata qualità stilistica della loro musica, e questo album lo conferma appieno. Dell'album in sè, del suo percorso costruttivo e del momento particolare che stiamo vivendo ne abbiamo parlato con una delle anime della band, Michele Montanari.
Ciao Michele e benvenuti su Hardsounds. Prima di parlare della vostra musica e del vostro nuovo album, se potete raccontare come state vivendo questo difficile periodo, e come vi state impegnando? Ciao a tutti e grazie per averci coinvolti in questa intervista! Il settore della musica, che già non godeva di ottima salute, con il lockdown ha avuto il colpo di grazia. Non siamo professionisti del settore, ma come tanti musicisti investiamo soldi e tempo nella nostra passione. Il tour promozionale che avevamo pianificato e prevedeva il grosso delle date tra Maggio ed Agosto ovviamente è stato cancellato. Abbiamo quindi cercato di trovare vie alternative per la promozione dell’album, come recensioni, passaggi in radio e questa intervista per la quale vi ringraziamo di cuore!
Leggendo il titolo del vostro nuovo album, ‘2020 Back To Earth’, diventa immediato chiedere la vostra reazione una volta associato il titolo dell’album a quest’anno ormai considerato nefasto. Preferireste davvero tornare sulla Terra in questo 2020? Guarda, abbiamo ovviamente riflettuto sulla questione e nonostante l’arrabbiatura iniziale, come hanno scritto in una recensione, forse dovevamo tornare sulla terra proprio quest’anno durante la pandemia. Il concept dell’album in realtà ruota intorno al fatto che torniamo su una terra dilaniata dall’inquinamento e lo sfruttamento, per colpa di un’umanità che si è svenduta e lasciata corrompere dai poteri forti come politica e religione.
Entrando più nel merito musicale, come descrivete il vostro percorso di crescita e maturazione musicale che è giunto alla tappa di ‘2020 Back To Earth’? E’ stata un’evoluzione naturale e spontanea. Siamo stati sempre attenti alla scrittura di riff potenti, ma melodici, nel corso degli anni abbiamo affinato tecnica e suoni fino a definire il nostro stile che ha visto la sua epifania in 'Space Muffin'. Con l’arrivo di Michele ai synth abbiamo finalmente potuto consolidare la nostra ispirazione space/psychedelic rock che latitava da tempo.
Il vostro sound è ancora una volta fortemente incentrato su uno space-rock poderoso. In generale, da chi avete attinto queste sonorità, e nell’ultimo album quali sono stati gli spunti che avete considerato più interessanti? Guarda, ascoltiamo tutti stoner, ma le nostre influenze sono abbastanza diverse e affondano le radici nel metal, punk, elettronica e grunge. Se dovessimo citare le band che ci hanno influenzato di più, sicuramente Hawkwind, Orange Goblin, Truckfighters, Melvins, Sleep, Kyuss,35007, Pink Floyd, Pantera, OM, Daft Punk, Apparat e tanti altri.
Questo vostro marchio di fabbrica "space" lo avete tradotto in maniera evidente nel video di “Corrupted”, che ha anticipato l’uscita dell’album. Qual è il significato vero di quel video, e quali immagini prevedete per il futuro del mondo? Il video di “Corrupted” è opera del nostro chitarrista Massimo che ha prodotto quasi tutti i nostri clip. Anche in questo emerge la nostra passione per i fumetti, video game e lo sci-fi anni 70-80. Uno dei significati potrebbe essere che in un prossimo futuro, quando finalmente altre forme di vita si paleseranno, l’umanità non esisterà più e i robot saranno l’unica prova del nostro passaggio.
Dal punto di vista strettamente musicale, credo che “Corrupted” sia il brano ideale per promuovere l’album, con la sua estrema carica stoner-rock. È stata la vostra prima scelta per anticipare l’album, o avevate pensato anche ad altri brani? Quando abbiamo deciso la track list, siamo stati tutti d’accordo che "Corrupted" sarebbe stato il primo brano. Volevamo far capire subito che eravamo tornati e nel frattempo non c’eravamo affatto rammolliti! Quindi anche la scelta del singolo è stata facile, ci voleva un brano che racchiudesse il nostro stile e che fosse energetico. Credo che abbiamo scelto bene.
Pescando un altro brano dell’album, mi è piaciuta molto “Lost In The Canyons”, in particolare l’inserimento del sax che è risultato congeniale negli equilibri del brano. Come è nata quest’idea? Durante la composizione dei brani di '2020 Back to Earth' abbiamo iniziato a pensare ai vari inserimenti che avrebbero potuto inserire nel disco. Quindi, oltre alla batteria elettronica di “Electron”e i violini in “By your side” (un grazie a Katia Adami), ci è venuto il pallino di inserire anche il sax, visto che il nostro amico Mauro “Mamao” Padoani è un grande artista e non si fa sfuggire la possibilità di una collaborazione. “Lost In The Canyons” è una piccola gemma, quando abbiamo sentito il sax in studio abbiamo avuto tutti la pelle d’oca e durante il primo mix abbiamo subito che si fondeva perfettamente. Credo che in futuro faremo altre collaborazioni, il risultato ci è piaciuto e ci siamo diverti un sacco.
In generale, ancora una volta avete costruito un album che si fa ascoltare in tutta scioltezza, mantenendo sempre alta la carica e facendo compiere all’ascoltatore grandi paesaggi. Al vostro interno, come si crea quest’alchimia che si traduce poi in risultati di questo tipo? 'Alchimia' è proprio il termine esatto. Dopo tanti anni si è creata una complicità che ci permette di suonare con estrema sintonia. La fase compositiva si basa su sessioni jam in cui ci lasciamo trasportare dalla musica, quindi i pezzi si delineano pian piano e in maniera spontanea, senza grosse forzature sulla struttura.
Concentrandoci sull’aspetto grafico, ho notato un cambio di stile nelle copertine da ‘Space Muffin’ fino al nuovo album, che assume contorni più fumettistici già creati con il precedente ‘Colossus’. In più, avete consolidato lo stile del vostro marchio. Pensate che questo modo di disegnare ed illustrare sia quello che più rispecchia la vostra immagine? Anche per l’artwork dobbiamo ringraziare Massimo che ha curato praticamente tutte le nostre uscite, tranne 'Colossus' a cui ci siamo rivolti ad un grande artista ed amico, Carlo Sandri. L’evoluzione che si vede quindi è la crescita del nostro chitarrista Massimo che essendo parte della band, riesce ad esprimere al meglio la nostra immagine di band space rock.
Ormai siete tra le band più fedeli ad Argonauta Records. Credo che Gero, ogni volta che proponete nuovo materiale, si fidi ad occhi chiusi. Quello con Argonauta è sempre stato un rapporto idilliaco, o ci sono stati dei momenti in cui avete pensato fosse possibile un cambio della guardia? L’incontro con Gero è stato casuale ed ormai è un’ amicizia solida, ci lascia massima liberta come musicisti e noi ovviamente gli lasciamo fare il suo lavoro, visto che lo fa molto bene! Ogni tanto rivanghiamo i vecchi tempi, quando eravamo una delle prima band di Argonauta e pensiamo a quanta strada abbiamo fatto insieme, sperando di farne ancora molta. Si, ogni tanto siamo profondi pure noi…
Tornando all’attuale periodo di crisi, secondo voi il movimento musicale underground (dai musicisti ai promoter, ai gestori di locali fino ai semplici supporters) come può agire per risollevare il circuito? Appena ci sarà la possibilità di muoversi in sicurezza, l’unico modo per far rinascere la musica èdi ripartire dal basso, cioè tornare a vedere concerti ed essere supporter gli uni degli altri. Sicuramente tutti dovremo fare dei sacrifici e credo che molti di noi siano disposti a farlo, però servirà anche un aiuto dallo Stato perché la cultura e l’arte sono la luce delle nostre coscienze.
In conclusione, ponete un motivo valido per convincere gli appassionati di musica ad ascoltare ‘2020 Back To Earth’ ed a scoprire i Kayleth. Perché la copertina è figa, il cd suona da paura e il vinile ancora meglio!
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