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SAXON

[CAYNE] Ovvero, quando i Lacuna Coil incontrano la vena Hard Rock. E anche più, con tutti i pregi ed i limiti di una scelta ricca e variegata. I Cayne (che annoverano alle chitarre appunto un “former” Lacuna Coil primevi, di cui porta impressa la matrice stilistica originaria) salgono sul palco con tutto l'entusiasmo necessario, e ne hanno pure d'avanzo; il pubblico, dal canto suo, tende a sonnecchiare. In un Live Club che lentamente si riempie, l'opening act della serata incontra i favori dei soliti irriducibili sotto il palco, che cantano e scalpitano, ma le retrovie tendono a guardare l'orologio in attesa dei “big” di oggi. Suoni piuttosto puliti, creazioni musicali interessanti ma dedicate ad un settore di sperimentatori, a tratti molto melodici, a tratti rabbiosi, non si capisce appieno quale sia la strada che intendono seguire. La domanda che serpeggia tra le fila del pubblico è fondamentalmente “e questi cosa c'entrano?”, e non è del tutto fuori luogo: ad aprire a delle colonne del Metal ci si aspetta qualcuno di accostabile, se non come genere almeno come influenze. I Cayne fanno tutto (ma veramente sembrano fare tutto) tranne ciò che tutti si aspettano, cioè “roba classica”. Questa è, comunque la si guardi, “roba moderna” che i fan della vecchia guardia faticano un po' a digerire. E' pur vero che, come sempre più spesso negli ultimi tempi, l'affluenza di sangue giovane è notevole: sarà forse su di loro che la band può scommettere, nella speranza di ritagliarsi uno spazio. A fronte di un'esibizione dignitosissima, appassionata e quanto meno interessante, resta però un'immagine ben precisa a rappresentare l'impatto complessivo della band e della sua proposta musicale, ed è una fotografia del pubblico: gruppetto di entusiasti, gruppone di scettici, massa di completi disinteressati. [SAXON] L'ingresso sul palco dei Saxon è un qualcosa di definibile solo in termini di calamità naturale. Come un terremoto improvviso, esplodono e fanno saltare per aria tutto il pubblico. Niente compromessi, nessuna tregua: la scaletta della serata, il tiro del gruppo, l'affetto del pubblico. Tutto gioca una partita che sappiamo già come finirà: fin dalle prime note è evidente il trionfo. 'Motorcycle Man' è solo un assaggio, a seguire ci saranno una nutrita serie di classici che spazieranno da 'Requiem (We Will Remember)', dedicata ai padri fondatori della scena metal ed a Mick Cocks, fondatore dei Rose Tatoo in particolare, a 'The Eagle Has Landed', passando per 'Broken Heroes' e tante altre ancora. La setlist di stasera privilegia l'excursus storico: dall'ultimo lavoro dei Saxon viene proposta solamente 'Live To Rock', ed in effetti il discorso quadra con le promesse fatte per questo tour da Biff lo scorso anno. Si sono passate le tre decadi di carriera, da queste parti, ed ancora la grinta è quella di una band di ragazzini: i paladini d'Inghilterra ancora scorrazzano sul palco con la classe e l'esperienza che poche band hanno saputo far propria fino a questo punto. Certo, manca un elemento e la cosa si nota: Yanz Leonhardt sostituisce l'assente Nibbs Carter, e con tutto l'impegno che ci può mettere (e ci mette) non è certo lui, ma il risultato è comunque di ottimo livello, e se a livello sonoro la differenza non è evidentissima, è più come impatto scenico che il vuoto si fa sentire. Ed a proposito di impatto scenico, un plauso va al tecnico luci della band, che basando tutte le scenografie su pochi colori (blu, arancione, rosso, verde, e praticamente null'altro) riesce ancora una volta a sottolineare come accendere e spegnere delle luci e fare il suo lavoro siano due cose che non hanno nulla a che fare l'una con l'altra. Con una sensibilità decisamente fuori dal comune, costruisce un palco differente per ciascuna canzone, riuscendo con semplicità a fornire la scena perfetta per ciascun atto della serata. Impressionante è la prestazione di Biff: è vero che ci ha da sempre abituato a prestazioni di altissimo livello, ma dati i suoi recenti problemi alla gola non ci sia spettava certo una cosa del genere! Per il resto, troppo in fretta giunge il momento dei bis e del finale: ancora carichi per 'Crusader', 'Princess Of The Night' e tutti i brani immancabili, l'attacco di 'Denim And Leather' coglie tutti di sorpresa e fa già rimpiangere un concerto che non è durato poco se non nell'impressione rimasta a chi ascolterebbe i Saxon ancora per due, tre ore filate. E stasera non sono in pochi. Ma le luci crudelmente si accendono, illuminando il palco ormai vuoto e le schiere di fans di almeno tre generazioni differenti. Poche band sono riuscite in una impresa simile, ed i Saxon detengono una posizione di comando tra queste: utopia per tanti, realtà per pochi eletti, il pubblico non invecchia mai. Padri di famiglia con mogli e figli, ragazzi dai quattordici anni in su, tutti lì a cantare a squarciagola canzoni che sono ormai parte della storia dell'Heavy Metal. Forse una delle migliori dimostrazioni di ciò che si intende per “famiglia dei metallari”, i capoclan Saxon hanno nuovamente scosso gli animi. E tutto lascia intendere che, a discapito del tempo che passa, di serate così ne avremo ancora parecchie.

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