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FOLKSTONE

Arrivato al Live Club mi sento chiedere se sono uno dei membri degli Herjan. Visti poi sul palco, e notando che non ce n'è uno che mi somigli anche solo di lontano, mi chiedo se qualcuno conosca questi poveri ragazzi che ci stanno mettendo tutto l'impegno possibile. Al di là delle considerazioni puramente aneddotiche, va detto che mi hanno dato un'ottima impressione: cattivi al punto giusto, con un orecchio spiccatamente Ensiferum, i veronesi presentano purtroppo pochi pezzi, per poco più di venti minuti, ma quel tempo mi è sufficiente a stabilire che dovrò tenerli d'occhio e vedere se per caso salta fuori una loro data dalle mie parti. Personalmente ho trovato i loro pezzi molto gradevoli, ricchi di melodie più Epic che Folk imperniate su strutture smaccatamente Death. Ensiferum, per l'appunto, ma con un pizzico di gusto italico che non guasta mai. Certo se si cerca il Folk Metal ad ottantacinque componenti, con qualunque tipo di strumento impronunciabile presente sul palco, gli Herjan non sono il gruppo più indicato da andare a sentire; se invece un sano Epic cattivo e con tinte folkeggianti "sfumate" affidate esclusivamente alla tastiera può andar bene, questa è una band da tenere d'occhio. Subito a seguire tocca ai torinesi Lou Quinse. Da un po' di tempo ci si guardava tra amici chiedendosi "e questi chi sono? Li hai già sentiti?", e fondamentalmente nessuno aveva la benché minima idea di chi fossero. Per la serie "ora lo scopriremo", ecco salire sul palco una discreta masnada di ceffi dalla bizzarra strumentazione (bizzarra per noi poveri profani, ovviamente). Si inizia, e la tentazione di uscire dal locale si fa sfacciatamente avanti tra noi. Non è colpa della band: questa, purtroppo, risulta praticamente invalutabile a causa dei suoni assolutamente penalizzanti; fortunatamente, basta tener duro una manciata di minuti e la situazione viene salvata dalle abili mani del fonico. A questo punto possiamo cercare di farci un'idea su come suonino costoro. E costoro suonano decisamente bene, con grinta e convinzione; un po' penalizzati dalla durata dei pezzi (che a chi non li conosce già possono apparire dispersivi), ma con dalla propria un ottimo impatto scenico, una compattezza sonora invidiabile, ed un vocalist che risulta quanto meno ipnotico. Ecco, su costui va detto che, a prescindere dal fatto che piaccia o meno, ha decisamente ascoltato troppo Hip Hop: con tutta la buona volontà di questo mondo, al sottoscritto risulta tragicomico guardare un cantante che si lancia in growl convinti mentre si muove come Eminem. Certo, anche il tragicomico si guarda, quindi come si diceva l'effetto risultante è ipnotico, il che in qualche misura fa portare comunque a casa il risultato. Pochi pezzi anche per loro, ma nel loro caso, considerato appunto che tendono ad essere prolissi nella composizione, questo si traduce in uno show nettamente più lungo rispetto alla prima band della serata. Interessanti, piuttosto avvincenti, vagamente Finntroll: stasera sembra che vogliamo saltare da un lato all'altro del panorama Folk Metal per meglio definirlo. Lights on, lights out. Un rapido cambio palco, ed ecco comparire il main event della serata: i bergamaschi Folkstone. La prima cosa che si nota è un avvicendamento all'arpa: fuoriuscita dalla line up la storica Becky, il suo posto è stato preso da Chiara. La bionda pizzicatrice di corde si mostra all'altezza del ruolo, pur rivelando una ben minor presenza scenica: molto statica, quasi eterea, è ben altra cosa rispetto all'indemoniata moretta di cui ha ereditato il posto. La serata è dedicata alla presentazione del nuovo disco “Damnati Ad Metalla”, ed alla tracklist completa dell'album si aggiungono in scaletta pochi, misurati classici dal precedente “Folkstone”. Può sembrare strano definire classici i pezzi di una band con all'attivo solo due dischi, ma è pur vero che i Folkstone hanno saputo ritagliarsi una nicchia di fedelissimi appassionati, contornata di una schiera di simpatizzanti, quasi avessero alle spalle una carriera di ben maggior spessore. L'intensissima attività live della band, unitamente all'indubbia qualità della proposta musicale, ha certamente giocato un ruolo fondamentale nell'ottenere questo risultato. Tornando alla nostra serata, anche per i Folkstone l'apertura non è all'insegna dei suoni ottimali, ma in men che non si dica la situazione viene corretta ed indirizzata su binari più che adeguati. I pezzi del nuovo disco, anteprima assoluta per quasi tutti i presenti (eccezion fatta per qualche addetto del settore, che già aveva sentito il promozionale, e per i pochi intimi cui il gruppo aveva già dato qualche imbeccata), mostrano da subito un buon tiro, coinvolgendo i presenti e dando una bella smossa ad un locale che, al momento, pareva un po' intorpidito da birra e chiacchiericci. La chitarra aggiunta, presa a prestito dai Furor Gallico, si comporta benissimo, garantendo maggior profondità e durezza di impatto ai brani, mentre le componenti “standard” confermano ancora una volta l'ottimo affiatamento che le contraddistingue. Lorenzo pare particolarmente su di giri, come è comprensibile, ma è proprio questo aspetto a strapparmi un sorriso, in confronto all'agitazione di Roberta poco prima dell'inizio dello show, quando emozionata confessava qualche timore rispetto alla novità dei pezzi. Le sue ansie possono ben dirsi ingiustificate, vedendo a posteriori la risposta del pubblico, che come sempre risponde con entusiasmo, ballando, bevendo e cantando. Corni di ogni misura ricolmi di birra girano tra il pubblico, simboli ideali di uno stile di vita e di pensiero prima ancora che di musica, e le canoniche battute di Lorenzo sulle birrette trovano il consueto consenso, in un rituale consolidato e goduto attimo per attimo. Ascoltando i pezzi nuovi capisco perché qualcuno mi aveva definito, poco prima, “Damnati Ad Metalla” come più cantautoresco rispetto al disco d'esordio, e mi è ironicamente chiaro anche il motivo dell'acida risposta, immediata, di un altro conoscente: “Ma stai scherzando? E' decisamente più Metal!” La verità è, come spesso, nel mezzo: sonorità massicce creano una solida, decisamente metallica intelaiatura su cui vanno ad intessersi le trame di linee melodiche e testi ben più vicini all'elaborazione tipica del cantautorato nostrano di qualità. L'impatto è accattivante, profondo ed emotivo almeno quanto vibrante e fisico, ed il risultato è ovviamente che a fine serata non esco dal locale senza aver acquistato il disco. La durata dello show non saprei proprio definirla: è stato intenso, ma è volato. L'impressione che rimane alla fine è che sia durato troppo poco, pur se l'orologio suggerisce con insistenza l'inattendibilità di un simile pensiero. E quindi, rimane il tempo di una birra e due chiacchiere veloci con i musici, schivando il più possibile la security che invita ad uscire dal locale. Alla fine si è fuori, nella fresca notte di Trezzo, con un appagante senso di soddisfazione e la sottile impazienza per il prossimo incontro.

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