You are here: /

MACHINE HEAD

Era da questa estate che aspettavo il 26 Ottobre, data di arrivo dei Machine Head a Este, dopo averli clamorosamente persi al New Age l’anno scorso, giusto per farvi capire la smania che avevo di vedere Flynn e compagni dal vivo. Sono dunque le 20 circa quando la coppia che scoppia (il sottoscritto e Mad Butcher) arriva al Sottosopra, un locale che si rivelerà spazioso e accogliente, fuori dal quale è già presente circa una cinquantina di persone. Il primo gruppo a calcare le assi del palco sono gli statunitensi GOD FORBID, freschi di pubblicazione sotto Century Media; provvisti di un cantante a dir poco massiccio e di un batterista dalla potenza disumana (sulle prime file arrivavano le schegge delle bacchette), i cinque simpatici americani hanno scaldato a dovere la platea proponendo un entusiasmante miscela di death, thrash e nu-metalcore, a metà strada tra Killswitch Engage e Fear Factory, giocando molto su potenti riff di chitarra, incalzati dal triturante drumwork, e ritornelli spesso melodici e ariosi. Nel poco tempo a disposizione saccheggiano il loro ultimo lavoro “Gone Forever”, mietendo vittime con brani spaccaossa del calibro di “Anti-Hero” o il singolo “Better Days”, mettendo in luce un’ottima preparazione tecnica e un’attitudine live davvero convincente. Nonostante il poco pubblico assiepato sotto il palco, i God Forbid escono di scena vincitori e soddisfatti; e soddisfatti lo siamo anche noi, di aver scoperto una band dalle ottime qualità da tenere d’occhio. Promossi a pieni voti. E’ora il momento dei CALIBAN, band tedesca già nota ai più per essersi imbarcata in tour con gli In Flames la scorsa primavera, fautrice di un metalcore moderno e aggressivo come va di moda al giorno d’oggi. Le impressioni che mi erano state riferite sul loro conto non erano delle più lusinghiere e in effetti i cinque ragazzi si fanno portavoce di una proposta musicale arida, spesso noiosa e con rarissimi picchi di attenzione. Andy e compagni, bontà loro, ce la mettono veramente tutta a coinvolgere il pubblico che purtroppo, a parte un paio di fan scalmanati, non reagisce più del dovuto nemmeno quando l’effemminato singer propone di ‘aprire’ il pit e dividerlo in due (come Mosè con le acque per capirci) per poi prendersi a mazzate all’attacco del brano successivo. Una setlist prevalentemente incentrata sul nuovo album “The Opposite From Within”, la cui “The Beloved And The Hatred” ha avuto l’onore di aprire il concerto con il tormentone ‘where is your…’ e da “Shadow Hearts”, dal quale vengono estratte “Vicious Circle” e la conclusiva “Between The Worlds”. Tutto sommato discreti on stage, appena sufficienti musicalmente, in definitiva bocciati; se ne poteva fare a meno. “Imperium”. Bastava questa canzone, potevano anche andarsene via dopo averla suonata, e tutti saremmo stati soddisfatti e colmi di gioia. Ma tralasciamo questi rigurgiti di entusiasmo interiore e passiamo al resoconto della serata; è sulle note della celebre intro tratta dal film ‘The Omen’ che i quattro statunitensi appaiono sul palco, accolti giustamente da un fragoroso boato,e ripagando altrettanto giustamente i fan con quel carro armato a nome “Imperium”, subito seguita senza interruzione dalla nuova, per noi europei, “Seasons Wither”, perfettamente in linea con il materiale di “Through The Ashes Of Empires”, ovverosia tanta aggressività, belle melodie e una song structure piuttosto ‘progressiva’. Robert è orgoglioso dell’accoglienza tributatagli, e arringa i presenti introducendo ‘a song from “Burn My Eyes”’, nientemeno che “Old”, cantata a squarciagola un po’ da tutti quanti. La band non sbaglia un colpo, da “Bulldozer” (unico, dignitosissimo estratto dal brutto “Supercharger”) a “The Blood, The Sweat, The Tears”, passando per l’epica “Days Turn Blue To Gray”, si arriva quasi senza accorgersene alla massacrante “Ten Ton Hammer”, eseguita alla perfezione e foriera di un pogo devastante. La band diverte e soprattutto si diverte sul palco, scherza col pubblico e se Adam Duce è musone dall’inizio alla fine Phil, Dave e Robert sembrano tornati ai tempi della scuola, quando suonavano cover per i loro amici, spensierati. E’ il momento di una pausa di riflessione, di riposo, e partono lievi le prime note di “The Burning Red”, commovente title track del terzo album dei Machine Head, durante la quale il pubblico sembra incantato, troppo estasiato nel contemplare un omino basso con una chitarra in mano che da solo esprime tanta dolcezza, e velocemente si arriva alla tranche finale. Robert, prodigo di ringraziamenti e sentitamente orgoglioso, chiede al pubblico se la sua chitarra acustica si sente e con compostezza annuncia ‘Ladies and gentlemen, “Descend The Shades Of Night”’, sferzata melodica conclusiva, visto che ci pensano due colpi di mortaio a chiudere la serata; il primo è “Davidian”, sulla quale non mi soffermo, sarebbe superfluo, il secondo parte sul feedback delle chitarre di Flynn e Demmel, fieramente introdotta dal classico ‘Fuck It All!!!’, “Block” azzera del tutto le nostre difese residue: i Machine Head ci hanno soggiogato, reso succubi della loro furia e dei loro proclami, e noi non siamo riusciti a resistergli. E’ giusto così. Il concerto dell’anno. Punto. MACHINE HEAD setlist: Imperium Seasons Wither Old Bulldozer Days Turn Blue To Gray The Blood, The Sweat, The Tears Ten Ton Hammer The Burning Red In The Presence Of My Enemies Take My Scars Descend The Shades Of Night Davidian Block

MANY DESKTOP PUBLISHING PACKAGES AND WEB PAGE EDITORS NOW USE Reviewed by Admin on Jan 6 . L'Amourita serves up traditional wood-fired Neapolitan-style pizza, brought to your table promptly and without fuss. An ideal neighborhood pizza joint. Rating: 4.5

Commenti

Lascia un commento


2015 Webdesigner Francesco Gnarra - Sito Web