GOTTHARD
Intervistare i Gotthard è sempre un gran piacere, vuoi per la grande familiarità con cui il gruppo elvetico sa metterti a proprio agio, vuoi per la semplicità con la quale ogni membro si offre di rispondere ad ogni quesito cui viene loro sottoposto, facendo letteralmente volare il tempo a disposizione di ogni singola chiacchierata. In questa occasione l'alto numero di richieste da parte dei media ha fatto sì che l'intervista di concretizzasse in una vera e propria conferenza stampa, all'interno della quale ogni singola testata ha avuto l'occasione di porre i propri interrogativi e dove non sono mancati anche numerosi momenti di pura ilarità. La parola quindi a Steve, Leo e Freddy, quest'ultimo addirittura all'esordio per quanto concerne una discussione totalmente in italiano... Allora ragazzi, eccoci qui in questa data milanese al Music Drome, la quale vale un po' come sorta di recupero per il tour dello scorso Dicembre purtroppo cancellato. Quali sono i motivi che hanno portato a tale scelta? Steve: Beh tutto è ovviamente nato a causa delle mie deficitarie condizioni di salute, che hanno reso impossibile una mia eventuale partecipazione dal vivo vista la mia indisposizione a cantare. Certo sono nate diverse polemiche in seguito, ma ciò ci ha anche fatti rendere conto come ad esempio a Roma la nostra data non sia stata promossa nella maniera migliore. In Italia abbiamo ancora bisogno di una mano per riuscire a diffondere in maniera capillare la nostra musica, e questo ci fa quasi sorridere visto che ai nostri concerti in Svizzera, che oramai sono pressoché sempre sold-out, ci ritroviamo fans provenienti da tutte le zone d'Italia, Napoli e sud Italia comprese! Effettivamente nel nostro paese la situazione musicale è tutt'altro che rosea, figuriamoci poi con generi come l'hard-rock... Steve: In effetti hai ragione, anche se da qualche anno a questa parte sembra ci sia stato un vero e proprio ritorno dei fans alla ricerca delle vere sonorità rock, e ciò è testimoniato anche dalla notevole mole di reunion che si sono succedute. Noi fortunatamente non abbiamo avuto bisogno di nessuna riappacificazione perché non abbiamo mai subito uno split, è da ben diciassette anni che siamo insieme e mentre per altri è oramai ora della pensione, noi stiamo solo iniziando! (risate) Tra l'altro, per quanto concerne il vostro debutto sul suolo italiano, è impossibile scordarsi il ruolo di opener che avete tenuto allo stadio Delle Alpi di Torino per i mostri sacri Ac/Dc qualche annetto fa... Steve: Sì è stata una serata speciale, e a parte qualche bottiglietta volante che comunque ci stava, mi sembra che abbiamo lasciato una buona impressione sul pubblico accorso per quell'evento. Va detto che eravamo intimoriti prima dell'inizio, ma poi tutto è filato liscio. E poi, ascoltando le voci del pubblico sotto il palco, non era difficile carpire alcune affermazioni che vi additavano come le vere sorprese della serata... Steve: Mi fa davvero molto piacere, anche se è stato frustrante sapere che in molti sono andati a cercare i nostri cd nei negozi, purtroppo senza molta fortuna a causa dell'allora inefficiente distribuzione nella vostra penisola da parte della nostra label di allora (la BMG). Non a caso, da quando avete siglato l'accordo con la Nuclear Blast, la vostra presenza sul suolo italiano ha finalmente iniziato a farsi continuativa. Steve: Se devo essere sincero agli inizi ero un po' intimorito dalla scelta per questo tipo di etichetta, anche perché mi chiedevo che cosa avessero fatto le radio di fronte ad un pacchetto contenente un cd da parte di una label conosciuta per le proprie produzioni tipicamente metal. Invece sono stato felicemente smentito dall'ottimo lavoro svolto dalla nostra etichetta, che ci ha seriamente aperto porte che per noi si erano rivelate sino ad allora impensabili, inclusa una curata distribuzione dei nostri lavori. (interviene Leo) Leo: Avrei anch'io una domanda, stasera a che ora suoniamo? (risate) Marc: Alle 21.45 circa! E' possibile che la colpa sia da attribuire anche ad un mercato metal piuttosto chiuso e ristretto come quello dei giorni nostri? Steve: E' possibile, tenete conto che in Germania ci hanno sempre spacciati come un gruppo nettamente più pesante rispetto a quello che siamo realmente, cosa che si muoveva in contrapposizione con quella che era la nostra fama in Svizzera, diffusa in particolare per le melodie accomodanti delle nostre ballate. Quando suonavamo in terra tedesca, infatti, è capitato più e più volte di improntare la nostra scaletta sui brani maggiormente sostenuti della nostra discografia. Proprio in relazione a quanto appena detto mi sento di affermare che 'Domino Effect' sia un disco particolarmente duro, il quale ha apportato un approccio più sostenuto rispetto al già quadrato 'Lipservice', e questo nonostante il singolo di apertura sia una delle songs più melodiche del lotto. Non credete che un album come questo possa spiazzare i vostri fans dediti in maggior parte all'aspetto melodico della proposta? Leo: Più che duro descriverei l'approccio di 'Domino Effect' come maggiormente cupo rispetto ai suoi predecessori, ed in ogni caso anche in questo cd non mancano le ballate e i brani più melodici che oramai fanno parte a pieno regime del DNA a marchio Gotthard. Ritornando invece al discorso della nostra esposizione sul mercato, va sottolineato come la nostra promozione sia legata in buona parte a riviste e media tipici del circuito metal, e come potrete capire questo limita non poco l'esposizione all'interno del grande airplay: pensate cosa può passare nella testa di una mamma quando vede un giornale metal con in copertina qualcuno che sta per sgozzare un altra persona! Se noi siamo all'interno di quel numero, purtroppo avremo perso l'occasione di avere visibilità da parte di un nostro possibile acquirente; e questo va anche additato all'immagine confluita dai media al movimento metal in genere... A questo pro sarebbe interessante scoprire i motivi per cui le radio non offrono spazio ad una proposta come quella dei Gotthard, la quale alla base delle molte melodie in essa contenute potrebbe raggiungere l'apprezzamento di una vasta schiera di pubblico. Non è strano, infatti, trovare dei genitori solitamente fans della musica leggera, rimanere ammaliati dai brani più dolci della produzione Gotthard. Leo: Ovviamente io non vivo in Italia e non so come funzionano esattamente le cose qui, ma posso immaginare che esistano due sistemi rispondenti al nome di RAI e Mediaset che gestiscono in primis anche i fili del mondo radiofonico italiano, chiaramente pilotato anche dalle etichette del settore. Ma non è anche perché le rockstar, oggi come oggi sono pericolose? Intendo che far scomparire una boy band qualsiasi ed un gruppo rock dalla circolazione non abbia esattamente lo stesso livello di difficoltà... Leo: Io penso che quando qualcuno decide di far musica rock deve sapere di accettare diversi compromessi per ricevere una certa esposizione, a meno che non abbia un po' di fortuna o riesca a fare da colonna sonora per qualche nota pubblicità. Immaginate la pubblicità di una marca di pannolini con in sottofondo la musica dei Gotthard: a quel punto sarebbe molto semplice creare uno slogan come "anche le mamme ascoltano i Gotthard"! (risate) Steve: Ideale per una musica di merda! (risate incontenibili) Però è difficile comprendere i motivi per cui in Italia si accettano grandi nomi rock come ad esempio Vasco Rossi, e non accettare alla stessa maniera i Gotthard... Leo: Io penso che i vari Vasco e Ligabue siano riusciti ad aprire almeno in parte la mentalità del pubblico italiano, esponendo al massimo i concetti già diffusi ai tempi da bands come ad esempio la PFM. Purtroppo è sempre il sistema che deve offrire le stesse opportunirà a tutti gli artisti. Non credete che anche la scelta della lingua inglese per i testi sia un limite? Steve: A dire la verità non credo che dipenda principalmente da questo, anche perché l'inglese è una lingua internazionale e anche nelle classifiche italiane non mancano album cantati completamente con questa modalità; tenete poi conto che siamo anche in grado di comprendere bene l'italiano, cosa che facilita anche l'approccio per interviste e incontri coi media. Che sia la derivazione anglofona alla base della vostra proposta? Vasco, ad esempio, è tutt'altro che anglofono... Steve: Mah potrebbe anche essere, basta vedere ad esempio il boom che nel nostro paese ha avuto la musica cantata in svizzero-tedesco, che è quasi un dialetto se poi effettivamente paragonato alla lingua nazionale. Ciò nonostante alla fin fine i dischi "anglofoni" sono tornati a spadroneggiare nelle charts, e questo a conferma del fatto che in ogni caso l'internazionalità di questa lingua si dimostra sempre una giusta arma al servizio della musica. Forse però è anche un problema di cultura italiana, perché in fondo la musica rock e hard-rock è prettamente anche un modo di vivere, e questa cosa al business non piace molto... Basti vedere anche come si muove un gruppo di persone da noi quando si appresta ad andare in un locale: non va di certo per assistere ad un concerto di un gruppo rock con brani di proprio repertorio. Steve: Fortunatamente in Svizzera abbiamo avuto la fortuna di presentarci in diversi modi e affrontando differenti stili, come ad esempio nel caso di alcuni concerti acustici, tenuti per non "disturbare" eccessivamente quel pubblico poco avvezzo all'approccio con le chitarre distorte. Leo: E' anche vero che queste scelte hanno finito in alcuni casi per essere strumentalizzate dalla stampa, che hanno cercato a seconda dei contesti di venderci come più duri o più soft di quello che siamo veramente, magari fermandosi al guscio delle nostre copertine. Quella di "Made In Switzerland" era davvero cover dell'anno! (risate) Leo: Immaginate le mamme, nessuna la farà vedere per quello che è ai propri figli! Ma anche voi che vi credete? L'immagine rappresenta una mucca che porta un toro feritosi alla zampa! (risate generali) Steve: Tornando un attimo seri, io credo che la cosa importante sia costruire ogni album in base a quello che si sente veramente, senza farsi troppi problemi rispetto al contesto in cui questo deve essere gettato. I conti è meglio lasciarli ad altri! Anche a Roma, visto che ne avevamo parlato all'inizio, suppongo che un po' di fans li avremmo avuti: pensa a tutte le guardie svizzere che stanno lì! Certo la loro presenza era legata alla volontà o meno del Vaticano di lasciarle venire a vederci! (risate) Parlando dei vostri album, è corretto dire che "D-Frosted" sia quello che via ha dato l'input per il vero e proprio successo commerciale? Steve: Direi proprio di sì, visto e tenuto conto che la sua chiave acustica lo rendeva "commestibile" ad un pubblico molto più vasto rispetto ai nostri primi tre dischi, che rappresentano il lato hard-rock classico della nostra proposta. "D-Frosted" era nato inizialmente come lavoro transitorio per decidere la nuova direzione stilistica del nuovo album in studio, ma poi si è tramutato in qualcosa di molto più grande, quasi più grande di noi. A quel concerto, infatti, si sono presentate almeno tre generazioni di persone, e a quel punto il nostro produttore dei tempi, Chris Von Rohr, ci ammonì riguardo alla scelta di continuare il nostro sostenuto approccio hard-rock nell'album successivo, poiché avrebbe allontanato tutti i fans acquisiti in quel preciso momento. Certo ora col senno di poi è facile rendersi conto che la strada intrapresa per "Open" è risultata eccessivamente leggera rispetto a quanto da noi partorito in tutta la nostra discografia, e questo ancora oggi non manca di lasciarci un leggero amaro in bocca perché molte canzoni presenti nel cd erano davvero molto valide. Fermandoci proprio sul discorso acustico, va sottolineato che 'Domino Effect' è stato rilasciato anche in una edizione limitata con bonus cd acustico (e a quel punto il sottoscritto estrae orgoglioso dalla borsa proprio questa edizione, strappando i sorrisi della band al completo). Questa scelta va interpretata come un caso, oppure c'è un preciso disegno sotto di essa? Leo: Io penso che ogni cosa va fatta a suo tempo. Abbiamo già sfornato la nostra uscita acustica ufficiale, e in questo caso ci è sembrato carino offrire un bonus cd di questo tipo. Non escludo assolutamente che molto più avanti potrebbe uscire un nuovo disco acustico, diciamo comunque che ora questo è legato solo ed unicamente ad alcune particolari esibizioni live che necessitano unicamente di questo tipo di concerto. In ogni caso penso che ai fans faccia piacere ascoltare i propri idoli mettersi alla prova con un lato artistico diverso da quello solito, il quale immagino riesca anche a completare l'indole sonora dei musicisti stessi. Steve: Credo che sia giusto utilizzare tutti i colori per vivere diverse emozioni, come ad esempio vagliare diversi tipi di arrangiamenti od offrire un prodotto in una veste ben definita che non sia quella elettrica. Purtroppo questo finisce spesso per essere reinterpretato in malo modo dal mercato discografico generale, basti pensare al fatto che "D-Frosted", il nostro best-selling album, ha finito paradossalmente per far storcere un po' il naso a paesi come Germania e Giappone, notoriamente non vicini a questo tipo di approccio. In ogni caso io credo che rifarei tutto allo stesso modo, la cosa difficile è sempre sorprendere la gente con cose non lontane da quelle che già conoscono, perché se è vero che i fans non vogliono copie spudorate di quello che hanno avuto prima, d'altra parte cercano almeno una piccola boccata d'aria all'interno di ogni nuovo e singolo album. Leo: Ci sono periodi per ogni cosa. Certo è fastidioso quando, al termine di una produzione grandiosa in cui hai buttato anima e corpo, ti senti richiedere dai media un sound più morbido perché il tuo prodotto venga diffuso nel grande airplay. E ancora peggio è quando tu hai una versione elettrica del pezzo, e nelle radio ti fanno i complimenti dicendoti: "Davvero bello, fate una versione acustica che la trasmettiamo". E al giorno dopo quello che abbiamo fatto non va mai bene... Freddy: E poi tutto questo diventa ancora pù difficile se sommato al fatto che negli ultimi anni i fans della musica rock abbiano finito per maturare una mentalità ancora più chiusa ed elitaria rispetto al passato. Va detto che negli ultimi anni sono stati fatti diversi esperimenti all'interno del rock di classica estrazione, basti pensare ai vari dischi dal vivo registrati col supporto classico delle varie orchestre... Leo: A mio giudizio ci sono stati veri e propri capolavori in questo tipo di uscite, basti pensare al disco dei Kiss registrato con l'orchestra, che io ritengo davvero favoloso. E' ovvio che scelte di questo tipo sono destinate a dividere le opinioni dei fans, ma per il musicista un'apertura verso stili così diversi è una grande soddisfazione personale, e può essere un po' visto come il rovescio della medaglia di quanto proposto ad esempio da Mozart nei tempi in cui è vissuto: era quasi ritenuto il "sovversivo e rockettaro" della musica classica! Cogliendo proprio il tema delle influenze esterne, soffermiamoci un attimo su Freddy: è giusto affermare che abbia apportato un approccio chitarristico chiaramente punkish old-style all'interno del sound dei Gotthard? Leo: Ci tengo a sottolineare che questa è la prima intervista in italiano di Freddy, una novità assoluta! (risate) Effettivamente, se pensiamo al fatto che io, Steve, Marc e Hena abbiamo scritto più di un centinaio di canzoni insieme, è facile pensare al fatto che Freddy abbia portato una bella ventata di aria fresca con le sue influenze e il suo modo di suonare, risultando il perfetto elemento chimico che ha completato al meglio la nostra alchimia. Com'è nata la collaborazione con Frederick Thomander e Anders Wikström? Steve: Eravamo in Svezia, e quasi per scherzo abbiamo fatto questo esperimento di provare a collaborare per la stesura di qualche pezzo. Li abbiamo conosciuti tramite il nostro manager, che aveva già collaborato con loro per il loro operato nei Treat, così siamo passati a condividere alcune idee e da lì sono nati molti dei pezzi che ora avete potuto ascoltare su 'Domino Effect'. Una domada sugli stimoli alla base del vostro gruppo: dopo tante copie vendute, tour divenuti sempre più lunghi ed una fama accresciutasi nel tempo, c'è ancora una fiamma che brucia alla base della passione che vi ha sempre guidati nella musica? Leo: Io penso che la voglia di andare avanti dipenda anche da momenti come questo, in cui ci si trova entusiasti a discutere con la stampa delle proprie ultime fatiche. Steve: E poi va sottolineato che, nonostante una grande esperienza acquisita negli anni, non siamo ancora passibili di quel marchio di gruppo universalmente affermato, basti vedere come la nostra popolarità in alcuni paesi sia limitata ed in altri, invece, in crescita. Se le voci non sono false, in Spagna sembra che vi riconoscano addirittura per strada... Steve: Effettivamente la Spagna è stato il paese in cui la curva di notorietà ha ricevuto la maggior impennata da qualche anno a questa parte. Questo pensa anche dipenda dalla scelta di cantare in spagnolo alcuni pezzi poi trasmessi per radio, anche se, come capirete, questa è una cosa che non è possibile effettuare in ogni paese in cui tentiamo di promuoverci. E anche in Svezia siete ultimamente stati nominati come best foreign band nella categoria hard-rock! Steve: In Svezia avevamo fatto addirittura in piccolo tour come spalla nel lontano 1991/92, ma poi la cosa è morta lì sino alla ripresa riavvenuta ai giorni nostri. Quale nazione vi ha dato la maggior soddisfazione per il successo avuto, e quale invece vi ha un po' delusi per la poca esposizione raggiunta? Leo: Mi spiace davvero dirlo, ma per quanto concerne la delusione mi sento davvero di citare l'Italia. Ci sono tanti fans che ci aspettano, ma il momento per noi nel vostro paese non è del tutto roseo anche a causa della scarsa organizzazione della scena. Dal punto di vista positivo non posso esimermi dal citare il Brasile, in cui abbiamo avuto una vera e propria folla pronta ad assistere ai nostri concerti tenuti in quella terra. Mi confermate il fatto che in Brasile ogni concerto registra un numero incredibile di pubblico, e questo anche a fronte di bassi risultati di vendita? Steve: Effettivamente sì, e penso dipenda dal fatto che esiste ancora l'idea del mito in relazione alla discesa dei musicisti stranieri in quelle terre. L'arrivo di gruppi da fuori smuove le masse che attendono quelle che credono delle vere e proprie star, le quali si trovano a suonare di fronte ad un pubblico talmente vasto da sminuire quelli al proprio seguito in gran parte delle altre zone del mondo. D'altra parte va detto che ogni parte del nostro pianeta ha un suo fascino particolare, e questo si riflette nelle sensazioni al seguito delle date dal vivo che abbiamo affrontato ad esempio in città come Madrid oppure Lugano, che speravamo davvero di registrare come sold out e che abbiamo visto realizzarsi anche nello stadio della nostra città svizzera. Una domanda relativa alla collaborazione con Arjen Lucassen: com'è nata? Steve: Una cosa che pochi sanno è che nella seconda metà degli anni ottanta tenni un provino per diventare il nuovo cantante dei Vengeance, cosa che però non si concretizzò e che, col senno di poi, sono felice sia stato così perché effettivamente non avevo ancora l'esperienza necessaria per un passo di questo tipo. In quel caso ho conosciuto Arjen, e da allora lui mi ha chiesto più volte di partecipare al suo noto progetto, cosa che, per un motivo o per l'altro, non si è mai concretizzata. Ora, in un momento di pausa, ho trovato finalmente il tempo e l'ispirazione giusta per questo tipo di coinvolgimento, e sono felice di come ho cantato in questo album, stilisticamente molto diverso dallo stile con cui sono abituato ad approcciarmi. Questo sempre non perdendo di vista i Gotthard come mio fulcro musicale principale. Non avete quindi idee di progetti paralleli o cose simili? Steve: Non è tipico del nostro modus operandi, non vogliamo essere ritenuti come artisti quali ad esempio Jorn Lande, il quale si ritaglia sicuramente molte soddisfazioni per le sue numerose apparizioni in molti progetti, ma che non ha un punto fisso su cui sviluppare la propria carriera. Il nostro gruppo al completo è sempre coinvolto da mille attività, per cui non avremmo nemmeno il tempo materiale di occuparci di moltri altri progetti. Tornando al discorso degli Ayreon, lo vedo comunque come una buona occasione promozionale per i Gotthard, visto e tenuto conto che molti fans di quel progetto potrebbbero scoprire qualcosa di interessante nella nostra musica, anche se sino a quel momento ne erano rimasti all'oscuro. Leo: Io credo che l'idea della band sia comunque il punto di massima unione per i Gotthard, ci sono molti artisti che non vengono mai riconosciuti alla base di uno specifico progetto per l'eccessivo coinvolgimento all'interno di molteplici parentesi nel mercato musicale. Fortunatamente questo per i Gotthard non accade, e questo paga senza dubbio coi fans di vecchia data. Oggi molte cose sono cambiate, i soldi fanno il bello e il cattivo tempo, e spesso va a finire che trovi tutti a suonare con tutti. L'idea del rock, ai giorni nostri, è ancora legata all'immagine degli eccessi di un tempo? Allegria, belle donne, belle auto? Leo: Belle donne e belle auto no so (risate). Steve: In ogni caso molti stimoli arrivano anche da lì, è bello in molti casi vedere dove ti porta l'avventura. Dai testi dell'ultimo cd è fuoriuscito un approccio maggiormente cupo rispetto a quelli del passato. Visto, Steve, che tu sei il maggior compositore delle liriche insieme a Leo, posso chiederti se hai passato qualche momento difficile a cavallo degli ultimi tempi? Steve: Ho passato effettivamente un momento abbastanza stressante, un divorzio alle spalle e molti approfittatori che si muovevano alle spalle della band. Ad un certo punto mi sono chiesto se era giusto continuare, nei miei testi, a puntare il dito contro qualcuno e qualcosa, ma poi mi sono reso conto che questa scelta nasceva anche in conseguenza di un sound che nelle tonalità di minore degli accordi risultava più cupo e incisivo rispetto al passato. E invece che ci dite del testo di "Letter To A Friend"? Leo: In questo caso è colpa mia. E' un po' quello che capita a tutti quando ci si trova davanti allo specchio, chiedendosi in più frangenti se è giusto o meno quello che si sta facendo. A questo punto un sorridente Marc Lynn fa esplicitamente segno che il soundcheck deve per forza iniziare, lasciandoci giusto il tempo di salutare la band per augurargli un in bocca al lupo per il concerto della serata. Un'intervista davvero coinvolgente e piena di magnifiche sfumature, che hanno permesso ancora una volta di tracciare un profilo sempre più soddisfacente di uno dei più grandi gruppi hard-rock meritatamente in voga ai giorni nostri.
Commenti