BLACKFIELD
Ok ragazzi, come prima domanda perché non presentate il progetto Blackfield e il vostro secondo album appena uscito? (SW) Intendi presentare la band a chi non la conosce affatto? Esatto. (SW) Ok ok… dunque, i Blackfield sono un’unione tra il mio songwriting e quello di Aviv. Ci siamo concentrati molto sul produrre brani sostanzialmente pop, ma sofisticati, con qualcosa in più. Siamo cresciuti ascoltando band come i Beach Boys, Pink Floyd, Morrissey e i Radiohead, tutte band che hanno portato su un altro livello il concetto di canzone pop di tre o quattro minuti, che è la stessa cosa tentata dai Blackfield. Il secondo album… il secondo album è in realtà il primo composto con queste intenzioni, quello precedente era solamente un progetto con brani scritti senza nessun obiettivo in mente. Quindi “Blackfield II” per noi è il primo ‘band album’, lo sentiamo come tale, con la stessa line-up e un obiettivo specifico in testa. La mia impressione è che “Blackfield II” sia molto più ‘easy’ del disco precedente, cosa ne pensi? (AG) Beh si, noi siamo grandi fan di brani epici e chitarristici, ma sul nuovo disco possiamo dire di avere composto qualcosa di più classicamente rock, pur suonato da musicisti prog rock… e ne siamo assolutamente soddisfatti, anche perché ora come ora i Blackfield sono la mia band principale. Lo prendiamo molto seriamente, io comincerò presto a scrivere il materiale per il terzo disco,non è solo un side project… Avevate già suonato alcuni pezzi del nuovo album durante il tour precedente, sono cambiate dal palco allo studio o sono rimaste immutate? (SW) Se sono cambiate? No, direi di no. Le abbiamo registrate in modo più o meno identico a come le suonavamo dal vivo. Il vostro nuovo disco è pregno di dolore e malinconia, o almeno queste sono le sensazioni che trasmette… lo fate per esprimere le vostre emozioni o è solo un sentimento che volete comunicare con la musica? (AG) La prima che hai detto… io sono cresciuto in una famiglia hippie, ho mollato la scuola da piccolo e mio padre soffriva di problemi legati all’alcohol… pensavo che la vita fosse davvero una merda e sapevo che il tutto sarebbe stato crudele nel corso della mia esistenza. E credo che i Blackfield rappresentino la bandiera della debolezza nel triste mondo che ci circonda. Una volta c’erano i Pink Floyd a riempire questo vuoto dentro di me, ora ci sono i Blackfield. E’ una cosa che viene spontanea o è decisa a tavolino, il fatto di esprimere queste emozioni? (AG) Ah no, non credo che nessun artista o musicista possa dire di esprimere le proprie emozioni ‘a tavolino’… è un processo molto inconscio. Io scrivo canzoni per esorcizzare queste cose, la solitudine, la tristezza, eccetera. La gente pensa che io sia così, depresso, nella vita reale, ma non è così proprio perché esorcizzo queste cose scrivendo la mia musica. E francamente trovo la musica che parla di fiori e sole splendente deprimente (ride). La trovo deprimente perché credo che un brano triste a malinconico ti sorregga di più, ti fa capire che non sei l’unico a provare emozioni così negative. Non riesco ad ascoltare brani tipo ‘everybody dance now”, non mi dice nulla. Ci sono delle similitudini tra i brani che scrivi per i Blackfield e quelli che scrivi per i Porcupine Tree? (SW) Beh, a volte si, alla fine c’è un vocabolario che uso per la musica, e ogni tanto torno a rivedere le stesse cose, e il fatto grandioso è che posso fare questa cosa suonando comunque fresco ed originale, ci sono sempre delle nuove prospettive. E come non ho detto prima non penso troppo a quello che dirò, lascio che le parole scorrano fuori. Quindi c’è sicuramente qualcosa in comune tra le due band, si. Non avete paura di esaurire l’ispirazione, affrontando sempre gli stessi argomenti? (SW) In un certo senso si, abbiamo sempre il timore di stare scrivendo la nostra ultima canzone, ahahah. Però cerchiamo di sforzarci, personalmente butto via tantissimo materiale che scrivo per i Porcupine Tree non perché sia brutto ma perché l’ho già proposto magari in album precedenti. Ma finora non abbiamo avuto problemi, meglio così. Cosa ci potete dire della cover? (SW) La cover è stata realizzata da un ragazzo che conosciamo da molti anni, e appena l’ho vista ho subito pensato fosse grandiosa. Forse può suonare un po’ presuntuoso, ma io vedo quella scritta Blackfield enorme che si stacca da tutto il marciume del music business… E’ una sorta di metafora. Come vi siete incontrati? (SW) Oh, io avevo sentito un suo cd e gli scrissi dicendo di voler collaborare con lui. Così ci incontrammo a Londra e ci tenemmo in contatto, giungendo poi a scrivere la nostra prima canzone. C’è un’ottima chimica tra noi due e anche se suona presuntuoso credo sia una sorta di coppia alla Gilmour/Waters. Cosa ci puoi raccontare dell’esperienza in Israele? (SW) Dunque, la prima volta che sono stato lì me ne sono innamorato subito. Siamo molto seguiti lì, e poi per me è una seconda casa, esattamente l’opposto dell’Inghilterra… c’è sempre il sole, bellissime donne, ottimo cibo e una grande vitalità. E’ difficile scrivere brani per i Porcupine Tree e Blackfield e produrre altre band? (SW) Per quanto riguarda il tempo si, è per quello che ora non produco più altre band, è una questione di tempo. Ricevo ancora molte offerte e richieste, ma non posso starci dietro come cinque anni fa, e mi dispiace perché io adoro produrre delle band interessanti. Ma ovviamente la priorità va alle mie band… sono una vittima del mio successo, ahahah.
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